martedì 20 febbraio 2018

THE POST di S. Spielberg

Spielberg ha attraversato ormai tutti i generi del cinema. Forse mancherà ancora il western, ma al film sulle inchieste giornalistiche ci è arrivato. Parente stretto di Spotlight e Tutti gli uomini del presidente (al quale si collega idealmente quasi come un prequel), The Post narra la storia vera dei Pentagon Papers, un'indagine sul reale andamento della guerra in Vietnam tenuta nascosto dal governo degli Stati Uniti. A decidere di pubblicarla sul loro quotidiano saranno la proprietaria ed il direttore del Washinton Post negli anni settanta, interpretati rispettivamente da Meryl Streep e Tom Hanks.
La libertà dei giornali e il diritto dei cittadini ad essere informati contro la prepotenza dei governanti, che si trincerano dietro la ragione di stato, è la battaglia a cui si dedicano i protagonisti del film ed i suoi autori. Un film prodotto e girato velocemente, con gran maestria di regia e recitazione, e pensato non troppo velatamente per essere un atto di accusa contro la presidenza Trump (impossibile non pensare a Donald nelle inquadrature in cui Nixon delira contro i suoi “nemici”). L'altro perno tematico gira attorno al ruolo della Streep, imprenditrice in un'epoca ancora fortemente maschilista, sottolineando l'importanza delle conquiste fatte e da fare per la parità di genere. ….E comunque il meglio del film sta altrove. Mai prima di The Post un film si era concentrato così a fondo e poeticamente sulle fase di stampa, delle rotative dei giornali. Ovviamente parliamo degli anni settanta, in cui ogni giornale veniva “costruito analogicamente” lettera per lettera. I nastri trasportatori, le matrici, i macchinari, le vibrazioni che producevano alle mura, mescolati alla difficoltà nel costruire la notizia, confluiscono tutti in questo atto d'amore nei confronti della stampa “vecchio stile”, in contrapposizione alle news volatili ai tempi dei social.

THE SHAPE OF WATER (LA FORMA DELL'ACQUA) Di Guillermo del Toro

Il vincitore della Mostra di Venezia 2017 e tra i favoriti per gli Oscar 2018, e quindi simbolo del riscatto di un certo cinema di genere ma di qualità. Il film è una favola ambientata negli USA degli anni 50, una versione aggiornata de La Bella e la Bestia. Lo spunto può venire da King Kong (una creatura, strappata dal suo habitat selvaggio e portata nella civiltà, s'innamora di un'umana), ma il mostro viene direttamente dalla Laguna nera dell'omonimo film, tanto che potrebbe rappresentarne un sequel. Il tema di fondo è invece Spielberghiano, con i rappresentanti delle autorità statali e dell'esercito nella parte dei persecutori, e il diverso come vittima, come era in ET. Ma Shape of Water è anche un tipo fantascienza originale, che si fa strada tra romanticismo, eros, commedia, dramma, e addirittura nostalgia per i musical del passato. Il contesto è quello della Guerra Fredda ed il punto di vista è quello della protagonista, un'altra “diversa”, in quanto muta, i cui unici amici sono un artista gay che mal sopporta la vecchiaia, e una collega afro americana che mal sopporta il marito. Sarà la ragazza muta ad innamorarsi dell'uomo acquatico ed a combattere il fascismo che si può trovare tra le fila del potere anche quando è democratico. Del Toro, presidente di giuria della prossima Mostra del Cinema di Venezia, porta quindi sugli schermi un fantasy poetico, potente nelle immagini e nelle emozioni, parente stretto del suo Labirinto del Fauno, pur non raggiungendo gli stessi livelli.