domenica 11 aprile 2010

I RESTI DI PETER JACKSON....

Amabili resti
Di Peter Jackson



Può l’autore della maggiore serie cinematografica di culto degli ultimi dieci anni perdere l’orientamento, e ritrovarlo seguendo vie diverse da quelle da cui proviene?
È innegabile quanto Peter Jackson abbia influenzato il cinema fantasy ed i blocbuster negli ultimi dieci anni. Ma sarebbe riduttivo fermarsi a questa dichiarazione. Con la trilogia del Signore degli Anelli, un classico della cinematografia tratto da un classicissimo della carta stampata, ha seguito la corretta strada della rottura tra i generi, mettendo gli effetti speciali al servizio della storia, e contemporaneamente portando i personaggi al centro della stessa.
Peccato che non abbia seguito la stessa strada con King Kong, ennesimo remake dell’epopea del gigantesco gorilla, stavolta sommerso da un oceano di effetti digitali per una storia da troppi e da troppo tempo conosciuta. Il risultato fu un incasso ben al di sotto delle aspettative.
Da allora ben poco: una guerra giudiziaria con la casa di produzione New Line per i diritti sulla trilogia filmica dell’Unico Anello, e la lunga produzione de Lo Hobbit, prequel tolkeniano stavolta affidato (registicamente) alle mani di Guilliermo Del Toro.
Finalmente il 2010 ha visto il suo ritorno dietro una macchina da presa. Il film si initola Amabili resti, tratto dal romanzo di Aice Sebold, e sulla carta è uno dei plot più coraggiosi che un regista di “genere” (ma Peter, in realtà, è tutto tranne che questo) possa tentare di mettere sullo schermo. La storia tratta infatti di una bambina che viene violentata ed uccisa, ed il suo fantasma continua a vogare in un sorta di limbo tra la terra ed il paradiso, osservando invisibile la vita dei suoi cari e del suo assassino. Anche qui gli effetti speciali si mettono a servizio della storia. Bisogna dire che le ricostruzioni dell’aldilà assomigliano un po’ troppo a quelle di Al di là dei sogni, e nel complesso sembrano un po’ kitch. Ma dove il film dà il meglio di se è nella parte in cui riprende la vita reale, i personaggi (gli amabili resti del titolo) che devono affrontare la mancanza di una persona. Jackson ci conduce nelle vicende di questi uomini e donne illudendoci di seguire la traccia tipica del genere thriller, ma perdendosi negli imprevedibili labirinti delle storie umane. Il risultato finale può deludere o può affascinare. Di certo è un film che stupisce, e difficilmente si può ricondurre al genere del “già visto”, anche se Sesto Senso e Ghost sono lì pronti dietro l’angolo a battere cassa. Forse non un film riuscito al cento per cento, ma sicuramente un film che può lasciare un segno nella videoteca personale di uno spettatore.
Due punti forti… Il primo: la quasi insostenibile tensione che va dal rapimento alla scena in cui il fantasma di… comprende di essere stata assassinata (il tutto senza nemmeno una vera scena di violenza).
Il secondo: la recitazione. Bravo Mark Wahlbergh nella parte del padre della ragazzina; immenso Stanley Tucci in quella dell’assassino, essere la cui assoluta normalità esteriore nasconde la perversione interiore; e brava anche Saorsie Ronan, nella parte della protagonista Susie Saimon, ben più che una giovane promessa…