mercoledì 16 settembre 2009

ULTIME RECENSIONI DALLA MOSTRA...

MR NOBODY
Di Jaco Van Dormoel
È il 2092, l’immortalità è ormai realtà e scienza. Nessuno muore e tutti sono giovani. Tranne mr Nobody, l’ultimo mortale anziano (117 anni). Perché? E perché l’uomo dice di ricordare almeno una decina di vite passate, variazioni della stessa, in alcune delle quali risulta pure morto?
Un po’ Sliding Doors, un po’ Vanilla Sky, ma il film di Van Dormoel va oltre, in un lungo ragionamento sulle scelte e sul caso, sul tempo e sulla vita, sulla possibilità che un destino abbia più senso di un altro o meno…
Ed in questo caleidoscopio di ricordi, immagini, sentimenti alternati il regista sfrutta tutte le potenzialità del mezzo cinematografico. Forse diranno che il film è pretenzioso, a volte confuso, non degno di premio…Critiche non del tutto ingiustificate, ma è l’unico in tutta la mostra (mai un picco, mai un abisso, ma quasi sempre ferma su valori medio alto o medio basso), che si può candidare come un cult nel futuro. Per intenderci, una di quelle pellicole che fanno nascere l’amore per il cinema nei giovani asociali…


IL GRANDE SOGNO
Di Michele Placido
Tentativo ambizioso quello di Placido: raccontare il ’68 partendo dalla sua esperienza personale di poliziotto celerino.
Tentativo riuscito bene solo in parte. Si salva il ruolo del personaggio di Scamarcio, poliziotto con la passione del teatro, chiaramente legato alla biografia del regista. Va meno bene la parte dei “ragazzi del ’68” (Jasmine Trinca, Luca Argentero), spesso ridotti a degli stereotipi, per quanto positivi. È come se si fosse voluto mettere tutto il ’68 in un film di due ore, Che Guevara e Martin Luther King compresi, una specie di super bignami. Se poi si aggiungono la storia d’amore ed il dramma familiare, si capisce che qualche ambizione in meno avrebbe giovato.


SOUL KITCHEN
Di Fatih Akin
Le vicissitudini tragico-comiche di un piccolo ristorante nella periferia di Amburgo.
Nessun messaggio in particolare da lanciare, ma questa storia di emarginati e freak sociali, tedeschi, e greci, turchi, arabi naturalizzati tedeschi, ci suggerisce forse che la società interculturale nasce dal basso, e dalla capacità di far rete partendo dalle buone esperienze comuni, come buon cibo e buona musica.
E a parte questo si ride dal primo minuto fino all’ultimo. Attori bravi e simpatici, bella musica, geniali titoli di coda. Cosa volete di più?


BETWEEN TWO WORLDS
Di Ahasin Wetey
Inizia bene questo film dallo Sry Lanka, con le immagini di una guerra civile, mentre decine di televisori rotti ed abbandonati ricoprono le strade e gli specchi d’acqua, e antenne ripetitive prendono fuoco. Si forma un triangolo (due uomini più una donna), che sembra essere il centro su cui ruota il film. ed invece uno dei due uomini viene abbandonato. Questi raggiunge un vecchio che gli dice che a volte il passato si manifesta nel presente. E a questo punto il protagonista comincia a passare continuamente tra ricordi(?), fantasie(?), ipotetiche realtà alternative (?).
Ad un certo punto in sala, un palloncino, lasciato dalla precedente proiezione di un film della Pixar-Disney, ha cominciato a volare fino a raggiungere il grande schermo.
È stato il momento è più emozionante del film. E l’unico che ho capito.

A SINGLE MAN
Di Tom Ford
Un professore gay non riesce a superare la scomparsa del compagno.
Lo stilista Tom Ford dirige i bravissimi Colin Firth e Julianne Moore in due personaggi stilosi in un film iper-stiloso. Ogni scena è bella. Fin troppo bella. Tutto è talmente estetico da sembrare un mega spot di Chanel n°5.


LO SPAZIO BIANCO
Di Cristina Comencini
La spazio bianco è la sala asettica dove è ricoverata la figlia, nata prematura, del personaggio interpretato da Margherita Buy, un’insegnante serale di Napoli, single e impegnata politicamente. Ma lo spazio bianco è anche il limbo del non far nulla nell’attesa di un evento, per lei che non è più incinta ma la cui figlia allo stesso tempo non è ancora nata, imprigionata nell’incubatrice.
Gran prova di recitazione della Buy in un film che mescola bene lirismo e realismo, commedia e dramma.

WOMEN WITHOUT MEN
Di Shirin Neshat
Quattro donne iraniane nel 1953 si confrontano con l’emarginazione imposta loro dalla cultura religiosa e popolare, mentre lo Scià di Persia prepara quel colpo di Stato che sarà la triste premessa della rivoluzione Khomeinista. Le donne troveranno rifugio in una villa immersa in un bel giardino. Ma la storia e la politica sono pronte a bussare alla porta ed interrompere questo limbo.
Un po’ indeciso tra il registro realistico e quello onirico, il film è comunque un appassionato atto di denuncia delle condizioni delle donne iraniane, e un dichiarato sostegno alle forze democratiche del Paese mediorientale.


LOLA
Di Brillante Mendoza
Un film, come si sarebbe detto una volta, neorealista (pure troppo).
In una Manila disperata e degradata, sommersa dalla pioggia, la nonna di un omicida si deve confrontare con la nonna dell’assassinato. Disarmante il finale, dove la prima compra il perdono della seconda con una somma di denaro, mentre parlano dei loro problemi con l’artrite. Un film sull’essere debitori, non solo dal punto di vista economico.
L’hanno dato tra i favoriti, ma buona parte dei critici che hanno applaudito erano gli stessi che dormivano durante le due ore di proiezione.


36 VUES DU PIC SAINT LOUP
di Jacques Rivette
Il proprietario di un circo muore. La figlia, esiliata dalla comunità di acrobati e clown, torna dopo 15 anni. Nel circo si aggira anche un uomo misterioso (Castellito prestato al cinema francese), che cercherà di risolvere i problemi esistenziali della donna. Il circo come mondo alieno, misto di espressione artistica e disagio sociale. Già visto altrove e meglio (vedi Chaplin e Fellini), senza riuscire nemmeno a riprodurre l’ambiguo fascino del mondo circense. E poi la produzione poteva almeno comprare un tendone da circo più grande di un salotto medio?


THE INFORMANT
Di Stephen Soderbergh
Un manager di una grande azienda collabora con l’FBI per smascherare le operazioni di cartello fatte con altre società internazionali. Peccato che si riveli prima un idiota, poi un bugiardo maniacale, con tanti scheletri nell’armadio. Soderbergh cerca la sintesi tra Erin Brockovich e Oceans’s eleven. Il risultato è simpatico ma non si capisce bene che direzione voglia prendere: commedia o film di denuncia? Ingrana solo dopo un’ora. Bravo comunque Matt Damon: ingrassato, goffo e fastidioso.


NAPOLI NAPOLI NAPOLI
Di Abel Ferrara
Un emozionante viaggio sotto forma di documentario, con inserite delle parti in fiction, nella criminalità napoletane. Colpiscono le interviste alle detenute, agli operatori sociali e ai politici locali (caliamo però un velo pietoso sulla Jervolino).
Meno riuscita la parte recitata.