mercoledì 16 settembre 2009

ULTIME RECENSIONI DALLA MOSTRA...

MR NOBODY
Di Jaco Van Dormoel
È il 2092, l’immortalità è ormai realtà e scienza. Nessuno muore e tutti sono giovani. Tranne mr Nobody, l’ultimo mortale anziano (117 anni). Perché? E perché l’uomo dice di ricordare almeno una decina di vite passate, variazioni della stessa, in alcune delle quali risulta pure morto?
Un po’ Sliding Doors, un po’ Vanilla Sky, ma il film di Van Dormoel va oltre, in un lungo ragionamento sulle scelte e sul caso, sul tempo e sulla vita, sulla possibilità che un destino abbia più senso di un altro o meno…
Ed in questo caleidoscopio di ricordi, immagini, sentimenti alternati il regista sfrutta tutte le potenzialità del mezzo cinematografico. Forse diranno che il film è pretenzioso, a volte confuso, non degno di premio…Critiche non del tutto ingiustificate, ma è l’unico in tutta la mostra (mai un picco, mai un abisso, ma quasi sempre ferma su valori medio alto o medio basso), che si può candidare come un cult nel futuro. Per intenderci, una di quelle pellicole che fanno nascere l’amore per il cinema nei giovani asociali…


IL GRANDE SOGNO
Di Michele Placido
Tentativo ambizioso quello di Placido: raccontare il ’68 partendo dalla sua esperienza personale di poliziotto celerino.
Tentativo riuscito bene solo in parte. Si salva il ruolo del personaggio di Scamarcio, poliziotto con la passione del teatro, chiaramente legato alla biografia del regista. Va meno bene la parte dei “ragazzi del ’68” (Jasmine Trinca, Luca Argentero), spesso ridotti a degli stereotipi, per quanto positivi. È come se si fosse voluto mettere tutto il ’68 in un film di due ore, Che Guevara e Martin Luther King compresi, una specie di super bignami. Se poi si aggiungono la storia d’amore ed il dramma familiare, si capisce che qualche ambizione in meno avrebbe giovato.


SOUL KITCHEN
Di Fatih Akin
Le vicissitudini tragico-comiche di un piccolo ristorante nella periferia di Amburgo.
Nessun messaggio in particolare da lanciare, ma questa storia di emarginati e freak sociali, tedeschi, e greci, turchi, arabi naturalizzati tedeschi, ci suggerisce forse che la società interculturale nasce dal basso, e dalla capacità di far rete partendo dalle buone esperienze comuni, come buon cibo e buona musica.
E a parte questo si ride dal primo minuto fino all’ultimo. Attori bravi e simpatici, bella musica, geniali titoli di coda. Cosa volete di più?


BETWEEN TWO WORLDS
Di Ahasin Wetey
Inizia bene questo film dallo Sry Lanka, con le immagini di una guerra civile, mentre decine di televisori rotti ed abbandonati ricoprono le strade e gli specchi d’acqua, e antenne ripetitive prendono fuoco. Si forma un triangolo (due uomini più una donna), che sembra essere il centro su cui ruota il film. ed invece uno dei due uomini viene abbandonato. Questi raggiunge un vecchio che gli dice che a volte il passato si manifesta nel presente. E a questo punto il protagonista comincia a passare continuamente tra ricordi(?), fantasie(?), ipotetiche realtà alternative (?).
Ad un certo punto in sala, un palloncino, lasciato dalla precedente proiezione di un film della Pixar-Disney, ha cominciato a volare fino a raggiungere il grande schermo.
È stato il momento è più emozionante del film. E l’unico che ho capito.

A SINGLE MAN
Di Tom Ford
Un professore gay non riesce a superare la scomparsa del compagno.
Lo stilista Tom Ford dirige i bravissimi Colin Firth e Julianne Moore in due personaggi stilosi in un film iper-stiloso. Ogni scena è bella. Fin troppo bella. Tutto è talmente estetico da sembrare un mega spot di Chanel n°5.


LO SPAZIO BIANCO
Di Cristina Comencini
La spazio bianco è la sala asettica dove è ricoverata la figlia, nata prematura, del personaggio interpretato da Margherita Buy, un’insegnante serale di Napoli, single e impegnata politicamente. Ma lo spazio bianco è anche il limbo del non far nulla nell’attesa di un evento, per lei che non è più incinta ma la cui figlia allo stesso tempo non è ancora nata, imprigionata nell’incubatrice.
Gran prova di recitazione della Buy in un film che mescola bene lirismo e realismo, commedia e dramma.

WOMEN WITHOUT MEN
Di Shirin Neshat
Quattro donne iraniane nel 1953 si confrontano con l’emarginazione imposta loro dalla cultura religiosa e popolare, mentre lo Scià di Persia prepara quel colpo di Stato che sarà la triste premessa della rivoluzione Khomeinista. Le donne troveranno rifugio in una villa immersa in un bel giardino. Ma la storia e la politica sono pronte a bussare alla porta ed interrompere questo limbo.
Un po’ indeciso tra il registro realistico e quello onirico, il film è comunque un appassionato atto di denuncia delle condizioni delle donne iraniane, e un dichiarato sostegno alle forze democratiche del Paese mediorientale.


LOLA
Di Brillante Mendoza
Un film, come si sarebbe detto una volta, neorealista (pure troppo).
In una Manila disperata e degradata, sommersa dalla pioggia, la nonna di un omicida si deve confrontare con la nonna dell’assassinato. Disarmante il finale, dove la prima compra il perdono della seconda con una somma di denaro, mentre parlano dei loro problemi con l’artrite. Un film sull’essere debitori, non solo dal punto di vista economico.
L’hanno dato tra i favoriti, ma buona parte dei critici che hanno applaudito erano gli stessi che dormivano durante le due ore di proiezione.


36 VUES DU PIC SAINT LOUP
di Jacques Rivette
Il proprietario di un circo muore. La figlia, esiliata dalla comunità di acrobati e clown, torna dopo 15 anni. Nel circo si aggira anche un uomo misterioso (Castellito prestato al cinema francese), che cercherà di risolvere i problemi esistenziali della donna. Il circo come mondo alieno, misto di espressione artistica e disagio sociale. Già visto altrove e meglio (vedi Chaplin e Fellini), senza riuscire nemmeno a riprodurre l’ambiguo fascino del mondo circense. E poi la produzione poteva almeno comprare un tendone da circo più grande di un salotto medio?


THE INFORMANT
Di Stephen Soderbergh
Un manager di una grande azienda collabora con l’FBI per smascherare le operazioni di cartello fatte con altre società internazionali. Peccato che si riveli prima un idiota, poi un bugiardo maniacale, con tanti scheletri nell’armadio. Soderbergh cerca la sintesi tra Erin Brockovich e Oceans’s eleven. Il risultato è simpatico ma non si capisce bene che direzione voglia prendere: commedia o film di denuncia? Ingrana solo dopo un’ora. Bravo comunque Matt Damon: ingrassato, goffo e fastidioso.


NAPOLI NAPOLI NAPOLI
Di Abel Ferrara
Un emozionante viaggio sotto forma di documentario, con inserite delle parti in fiction, nella criminalità napoletane. Colpiscono le interviste alle detenute, agli operatori sociali e ai politici locali (caliamo però un velo pietoso sulla Jervolino).
Meno riuscita la parte recitata.

sabato 12 settembre 2009

I PREMI DELLA MOSTRA DEL CINEMA 2009



Siamo quindi arrivati al finale della Mostra del Cinema di Venezia. Vengono fuori i premi e naturalmente fra un po’ anche le polemiche.
Da segnalare il fatto che hanno premiato le pellicole più politiche, ed hanno punito il cinema italiano, tenendo conto che un quinto dei film presentati era nostrano.
Il premio per la sceneggiatura innanzitutto: va all’acidissimo Life during the wartime, dato favorittissimo dopo la proiezione, e sicuro argento poche ore prima della premiazione. E invece deve accontentarsi del premio della sceneggiatura. Forse meritava di più, e forse questo premio lo avrei visto meglio in mano al complicatissimo Mr Nobody, il quale invece incassa il premio per il miglior contributo tecnico …
Passiamo ai migliori attori. Coppa Volpi per miglior attore maschile va a Collin Firth: assolutamente meritato, visto che è lui a reggere quasi interamente il retorico ed esteticheggiante A Single Man.
Sorpresa per il premio per la miglior attrice: va a Ksenia Rappoport per l’italiano La doppia ora, quando tutti puntavano sulla favoritissima (e bravissima) Margherita Buy per Lo spazio bianco, che fra tutti i film italiani è sicuramente stato il più amato.
Premio Mastroianni come attore/attrice esordiente va a Jasmine Trinca. Su questo ho qualche perplessità: primo perché non mi sembra che la Trinca sia così esordiente; secondo perché (pur in tutto il rispetto per la buona prova recitativa da parte di una giovane attrice) a mio parere non regge il confronto con le vincitrici degli anni scorsi (le protagonista di A burning plain e Cous Cous).
Ma forse gli ultimi due premi vanno intesi come “riparazione” al fatto che la nutrita schiera italiana non è stata premiata nei riconoscimenti più importanti.
Ed eccoli i riconoscimenti più importanti.
A sorpresa, ma è una bella notizia, il Premio Speciale della Giuria va a Soul Kitchen, un film fresco, giovane, multiculturale, divertente e musicale. E qui scommetto che c’è lo zampino del vecchio Liga, il cantante due volte prestato al cinema presente nella giuria presieduta da Ang Lee.
Il Leone d’Argento è assegnato al bello ma difficile Women without men, pellicola sulle donne nell’Iran degli anni cinquanta. Anche questo un po’ a sorpresa, perché scalza via un altro favoritissimo: Lourdes.
Il Leone d’Oro non poteva che andare a Lebanon: forse (a mio giudizio) non il migliore film presentato alla Mostra, ma sicuramente questa lucida e spietata pellicola antibellica era l’unica di fronte alla quale si potevano inchinare tutti insieme i componenti della giuria.
Grandi sconfitti Lourdes, e questa è una grave mancanza, e Capitalism di Micheal Moore, ma era difficile vederlo vittorioso dopo aver già sbancato Cannes con Farenheit.
E sicuramente il cinema italiano, in particolare Baaria, e pure la Medusa, società distributrice (praticamente monopolista), che contava molto sul film di Tornatore. Ma la pressante compagna promozionale per il film non deve averlo favorito.
Altre considerazioni. Si capisce che i due Leoni sono andati a film collocati narrativamente nel passato, ma che si collegano fortemente al presente prendendo chiare posizioni su eventi politici recenti. Quindi la giuria ha dato un chiaro segnale. Il cinema italiano presente alla Mostra, per quanto di qualità sicuramente maggiore rispetto ai due anni precedenti, sembra non voler collegarsi al presente, non lo racconta. Preferisce narrare di un passato che non c’è più, da rimpiangere e staccato dal presente. Il successo di Gomorra a Cannes l’anno scorso non ci ha insegnato molto….


Troverete le recensioni della Mostra del Cinema sul sito della Rivista Culturale L’Avocetta www.lavocetta.it.

mercoledì 9 settembre 2009

REDCARPETISTI

La passerella è un po' triste quest'anno. L'altro ieri è passato il rivoluzionario Chavez, qui a sperimentare l'ebbrezza del politico in veste di star. Ma non regge il confronto con le varie Charlize Theron, Anne Hathaway, Keira Knightley viste gli anni scorsi. IEri è passato Clooney, presente alla mostra con il film The men who star at goats, in compagnia della nostrana Canalis, presente alla mostra con Videocracy(....).
ma George è una presenza talmente fissa alla mostra da essere quasi più abitudinario di Lino Toffolo. Il prossimo anno non vale più.
Molto più divertente il passaggio oggi pomeriggio, in sordina e non pubblicizzato, del regista Abel Ferrara (ha presentato il suo Napoli napoli napoli, bel documentario sulla città partenopea da consigliare a tutti).
Con la camminata da bluesman alcolizzato e camicia sbottonata, il regista ha attraversato il red carpet in compagnia della sua claque personale, pronta a lanciare il suo coro da stadio: "Abel! Abel! Abel!"


Troverete le recensioni della Mostra del Cinema sul sito della Rivista Culturale L’Avocetta www.lavocetta.it.

martedì 8 settembre 2009

ANCORA SU MOORE (E BERLUSCONI...)

Il buon vecchio Michael Moore non può perdere l’occasione di parlare anche di Berlusconi. E così capita che in conferenza stampa parli della difficile situazione politica italiana, del deficit di libertà di stampa, dei vari probemi legati al Presidente del Consiglio…ma ad un certo punto si ferma e cerca di tranquillizzare la gente che ha di fronte. “Tranquilli, sto scherzando: io e Berlusconi siamo grandi amici!” e poi grida, facendo un gesto con la mano verso una porta come per invitare qualcuno ad entrare “dai Berlusconi, vieni, ti stiamo aspettando tutti, lo scherzo è finito”.
La sala scoppia dal ridere (qualcuno fischia). Ma la cosa triste è che molti giornalisti lì presenti hanno veramente allungato il collo per vedere se Berlusconi fosse effettivamente dietro la porta, perché non si stupisce più nessuno che il Presidente del Consiglio italiano possa saltar fuori facendo il cucù…

domenica 6 settembre 2009

Michael Moore a Venezia

A vederlo Michael Moore (a Venezia per presentare il suo Capitalism: a love story, atto di denuncia verso il sistema economico e politico internazionale), sembra un po’ il gigante buono Hagrid della serie di Harry Potter. Ed infatti non ha nulla di bilioso come tanti suoi corrispettivi italiani. Entra in sala stampa con la sua mole imponente e il suo sorriso benevolo, pronto a scherzare e a fare battute. Ad un giornalista di Hong Kong riferisce che ha sempre difficoltà a trovare un tecnico hongkonghese per riparare l’elettrodomestico fabbricato nella città orientale. Poi precisa “questa battuta possono capirla solo gli americani…”
Alla questione (un po’ più seria ) qual è lo stato di salute degli USA, risponde che per fortuna la voglia di democrazia in America è sempre alta, solo che non si può limitarla ad un voto ogni 4 anni. La democrazia è qualcosa che interessa i cittadini ogni giorno. “Nel film facciamo vedere come migliaia di bravi lavoratori sono stati rovinati per scelte che hanno compiuto pochi altri al loro posto”.
Ciò nonostante bisogna avere fiducia nel popolo. “Fino a qualche anno fa non avrei mai scomesso che un afroamericano sarebbe diventato presidente ed invece è successo. Questa è la dimostrazione che ci può essere una rivoluzione dal basso senza violenza”. Naturalmente Obama non può fare tutto da solo: “la democrazia è partecipazione innanzitutto, non uno sport da assistere in televisione”.
Alla domanda se vuole seguire le orme di Schwarzenegger e darsi alla politica, risponde gridando che vuole a tutti i costi il collegio del Rhode Island (n.b.: è il più piccolo stato degli USA). Poi, più serio, afferma che l’essere semplice cittadino non significa non fare politica. Lui in particolare ha scelto il cinema per fare politica. “Qualche anno fa ho girato Sick per denunciare il fatto che il sistema sanitario USA era l’unico nel mondo occidentale a non garantire l’assistenza universale delle cure. Da allora si avviata una discussione in merito, e ora il presidente Obama è pronto a presentare una legge in proposito nonostante l’avversità dei colossi della medicina e delle assicurazioni”. Lo stesso per l’Afghanistan: all’epoca di Farenheit moore era cosciente che le sue posizioni sul ritiro non erano condivise dalla maggior parte delle persone. Oggi l’America la pensa diversamente.


Recensioni Mostra del Cinema di Venezia su www.lavocetta.it

giovedì 3 settembre 2009

HORROR

Sarà l'influenza suina, sarà vallettopoli, la crisi internazionale o il complotto dei giornali comunisti stranieri, ma qui al Lido vanno di moda Zombie e Cannibali. In attesa del re dei morti viventi Romero, che è pure in concorso, intanto si è visto l’umanità canabillizzante di The Road, e gli indemoniati famelici di REC2.
Devo dire, tra il padre premuroso (anche se riesce puntualmente a cacciare nei guai suo figlio, nonostante il piccolo lo avverta ogni volta dei pericoli) e retorico ("tieni acceso il fuoco, tieni acceso il fuoco") del primo film, e la diabolica posseduta, nettamente più intelligente dei buoni, del secondo, ho trovato più simpatica la posseduta…..

mercoledì 2 settembre 2009

PERQUISITI AL LIDO

Sarà la crisi internazionale, sarà vallettopoli, l'influenza suina o il complotto dei giornali comunisti stranieri, ma qui al Lido si respira aria di decadenza. Tra i cantieri per il nuovo palazzo del cinema e gli allestimenti ancora tutti da montare, si aggirano ancora pochi sparuti giornalisti, pardon, critici accreditati: che fine hanno fatto? Forse arriveranno più avanti. Intanto manca il foglio giornaliero di Ciak, che fino all'anno scorso portava un po' d'ironia alla manifestazione con i fumetti di Stefano Disegni. Forse avranno perso l'appalto, ma quest'anno il Daily lo fa Variety. E dopo essere sopravvissuti ai 150 minuti (ripeto, 150) delle cronache sicule di Tornatore con Baaria, è quasi impossibile trovare qualcosa di cui cibarsi. E anche bere comporta problemi. Fino all'anno scorso c'era una fontanella d'acqua potabile, dove si abbeveravano i cinefili assetati più poveri. Quest'anno ci hanno costruito intorno un cubo esplicativo del nuovo palazzo del cinema (praticamente un gigantesco ovulo alieno). Nel tentativo di trovare la fontana mi sono ritrovato in un posto di blocco dove poliziotti solerti mi hanno perquisito ed ispezionato. Si, perchè al lido c'è un dispiegamento di forze dell'ordine come se dovesse sbarcare il Papa in gondola. Praticamente ci sono più poliziotti antisommossa che appassionati di cinema. Sarà il segno dei tempi...

martedì 1 settembre 2009

TANNHAUSER AL LIDO

Anche quest’anno Tannhauser seguirà la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Ogni giorno impressioni e suggestioni su film ed artisti che passeranno per il Lido.

Troverete le recensioni invece sul sito della Rivista Culturale L’Avocetta (www.lavocetta.it).

Non sono abituato a fare le dediche, ma quest’anno non posso non dedicare tutto quello che verrà scritto ad un amico che non c’è più…

mercoledì 26 agosto 2009

sabato 27 giugno 2009

SU JACKO...

Sinceramente Michael Jackson non è mai stato tra i miei musicisti preferiti. Ma solo per il semplice fatto che il genere di musica che faceva non era la tra le mie preferite. A questo bisogna aggiungere, che, come tutte le icone anni 80, non sopporto l’esaltazione del kitsch colorato di quel periodo, l’eterno dibattito tra il capello cotonato e i pantaloni attillati, e tutti i lustrini connessi.
Ma ci sono tre verità incontrovertibili
1) Michael Jackson è il re del Pop effettivamente: ha creato il genere, o forse lo ha rinnovato, imponendo stili, e regalando canzoni, piacciano o meno, diventate eterne.
2) Era un artista estremamente dotato, sia per quanto riguarda le capacità vocali, che per quelle coreografiche e creative.
3) Ha rinnovato il mondo dei video musicali: si è affidato anche a registi del calibro di John Landis (Thriller) e Scorsese (Bad), ma soprattutto ha introdotto l’idea del video come mini storia, o se vogliamo mini film, a cominciare da Thriller, ma anche Say Say Say con Paul Mc Cartney. Insomma ha mischiato il cinema con la musica, partendo per la prima volta dalla musica.
Pubblico due video: uno è Who is it, per la verità un video poco visto e poco trasmesso dalle reti, ma che trovo graficamente molto bello.
Il secondo è Liberian Girl, che oltre alla bella canzone, vede la partecipazione di una bella fetta del firmamento Hollywoodiano anni ’80. Divertitevi ad individuarli, vi dico solo che in mezzo ci sono anche Theo dei Robinson e addirittura Ricky de Il mio amico Ricky (si, lo so, tutto ciò è MOLTO anni ‘80). Attori, cantanti e registi si aggirano per uno studio cinematografico cercando e chiedendo di Michael, che compare alla fine con un effetto tipo Scherzi a parte. Rivedere questo video senza la conclusione oggi potrebbe assumere un significato particolare e un altro valore.
Gli eighties saranno stati spensierati, ma sono finiti malissimo…




sabato 2 maggio 2009

C'ERA UN VOLTA SERGIO LEONE





Chissà cosa avrebbe ancora prodotto Sergio Leone, se la morte vent’anni fa non gli avesse impedito la realizzazione del suo progetto sulla battaglia di Stalingrado. Ci restano pochi, ma grandiosi ed eterni film. C’è una differenza sostanziale tra il western classico americano e il western di Sergio Leone (e scusatemi se volutamente non parlo di spaghetti western). I film western americani con protagonista John Wayne (ma potrebbero essere stati Gregory Peck, James Stewart, Burt Lancaster, Gary Cooper…) rappresentano un west probabilmente mai esistito, e quindi, in un certo senso, mitico, dove l’eroe è un personaggio positivo, anche se magari un po’ brusco nei metodi, ma sempre all’interno di un ragionevole limite. E, soprattutto, è portatore di valori positivi. Nei western di Leone questo eroe positivo non c’è più. Non c’è nessun valore positivo portato avanti dal protagonista. Anzi, i personaggi rappresentano il genere più basso che l’umanità possa conoscere: dei veri e propri figli di puttana. Ma a nobilitare il tutto, a renderlo grandioso ed epico, interviene il regista. Primi piani su particolari anatomici (gli occhi), inquadrature dilatate con punti di osservazione impossibili, e fermi immagine tenuti per tempi insostenibili: l’immagine viene estesa nel tempo e nello spazio fino a raggiungere una sua epicità. Stephen King, parlando della sua saga epica mista a cow boy, La torre nera, cita proprio Sergio Leone come fonte d’ispirazione: le canne delle pistole nei suoi film diventano lunghissime come le spade degli eroi mitologici. E se teniamo conto che il primo film in assoluto di Leone è stato il Colosso di Rodi, esempio nobile di peplum italiano, si capisce subito che il mito, l’epos faceva parte del linguaggio del regista. E si può tranquillamente sorvolare sulle polemiche del plagio (effettivo) ai danni di Kurosawa nel plot che ha dato alla luce a Per un pugno di dollari, se si va a guardare la fantastica parabola della filmografia di Leone, che lo porta pian pianino ad allontanarsi dalla sfera del mito del west per addentrarsi nella storia. Accennata in Il buono, il brutto e il cattivo, sfiorata in C’era una volta il west, letteralmente esplosiva in Giù la testa e rappresentazione di una nazione in C’era una volta in America, la storia dei popoli, delle nazioni, fa da sfondo a personaggi tragici, perché loro, ancora enormi come il Clint Eastwood della trilogia del dollaro, devono confrontarsi con una realtà più meschina, crudele di loro, piccola nonostante gli enormi ingranaggi della storia umana. Bigger than the life, come nelle migliori tradizioni, insomma. Ma non solo questo. Con un parabola inversa, la rivoluzione messicana di Giù la testa e la saga gangsteristica di C’era una volta in America sul grande schermo sono pronte a proiettarsi dalla storia, dalla loro dimensione temporale, nuovamente verso il mito, rientrando nella memoria collettiva. Perché, e forse Leone lo aveva capito, quando la storia si mescola con il cinema diventa la prima fonte di costruzione del mito

domenica 19 aprile 2009

NEL DESERTO NON RIESCI A RICORDARE IL TUO NOME

Ho attraversato il deserto

Su un cavallo senza nome

Era bello essere lontano dalla pioggia

Nel deserto

Non riesci a ricordare il tuo nome

Perché non c’è nessuno

Che ti possa procurare dolore

(AMERICA "A HORSE WITH NO NAME")

lunedì 23 febbraio 2009

ELENCO VINCITORI OSCAR 2009:

ELENCO VINCITORI OSCAR 2009:

Miglior film
The Millionaire
Miglior regia
Danny Boyle (The Millionaire)
Miglior attore protagonista
Sean Penn (Milk)
Miglior attrice protagonista
Kate Winslet (The Reader)
Miglior attore non protagonista
Heath Ledger (Il Cavaliere Oscuro)
Miglior attrice non protagonista
Penelope Cruz (Vicky Cristina Barcellona)
Miglior sceneggiatura originale
Dustin Lance Black (Milk)
Miglior sceneggiatura non originale
The Millionaire Simon Beaufoy
Fotografia
The Millionaire - Anthony Dod Mantle
Montaggio
The Millionaire - Chris Dickens
Colonna sonora
The Millionaire - A.R. Rahman
Canzone
“Jai Ho” - The Millionaire, A.R. Rahman, Gulzar
Miglior film d'animazione
Wall-E
Scenografie
Il Curioso Caso di Benjamin Button - Donald Graham Burt, Victor J. Zolfo
Costumi
La Duchessa - Michael O’Connor
Make up
Il Curioso Caso di Benjamin Button - Greg Cannom
Effetti visivi
Il Curioso Caso di Benjamin Button - Eric Barba, Steve Preeg, Burt Dalton and Craig Barron
Montaggio effetti sonori
Il Cavaliere Oscuro - Richard King
Sonoro
The Millionaire - Ian Tapp, Richard Pryke and Resul Pookutty
Miglior film straniero
Departures (Giappone)
Cortometraggio d'animazione
La Maison en Petits Cubes, A Robot Communications Production, Kunio Kato
Documentario
Man on Wire (Magnolia Pictures), A Wall to Wall Production, James Marsh and Simon Chinn
Cortometraggio
Spielzeugland (Toyland) - A Mephisto Film Production, Jochen Alexander Freydank
Corto documentaristico
Smile Pinki - A Principe Production, Megan Mylan

Alcune considerazioni: il grande sconfitto è Brad Pitt e il suo Benjamin Button, che forse ricordava un po' troppo Forrest Gump e quindi l'America Clintoniana. E invece questa è l'era Obamiana, per cui la vittoria è andato al mutliculural, global, politically correct The Millionaire. Obamiano anche l'oscar a Seam Penn per l'interpretazione del politico gay Milk. Il resto (Winslet, Cruz, Wall-e) è routine da Oscar, che premia i meritevoli senza relegarli alla storia. Tranne l'oscar postumo a Heath Ledger, finale degno per una storia tragica che sa di film.

giovedì 29 gennaio 2009

I CANDIDATI ALL'OSCAR

Ecco i film candidati agli Oscar 2009:

MIGLIOR FILM

The millionaire
Il curioso caso di Benjamin Button
Frost / Nixon
Milk
The reader

MIGLIOR REGIA

Gus Van Sant per 'Milk'
Stephen Daldry per 'The reader'
Danny Boyle per 'The millionaire'
David Fincher per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Ron Howard per 'Frost/Nixon'

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

Sean Penn per 'Milk'
Brad Pitt per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Mickey Rourke per 'Il wrestler'
Frank Langella per 'Frost/Nixon'
Richard Jenkins per 'L'ospite inatteso'

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

Anne Hathaway per 'Rachel sta per sposarsi'
Angelina Jolie per 'Changeling'
Meryl Streep per 'Il dubbio'
Kate Winslet per 'The reader'
Melissa Leo per 'Frozen River'

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

Robert Downey Jr. per 'Tropic Thunder'
Philip Seymour Hoffman per 'Il dubbio'
Josh Brolin per 'Milk'
Michael Shannon per 'Revolutionary Road'
Heath Ledger per 'Il cavaliere oscuro'

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

Penelope Cruz per 'Vicky Cristina Barcelona'
Viola Davis per 'Il dubbio'
Marisa Tomei per 'The wrestler'
Amy Adams per 'Il dubbio'
Taraji P. Henson per 'Il curioso caso di Benjamin Button'

MIGLIORE FILM STRANIERO

La banda Baader Meinhof (Germania)
La classe (Francia)
Departures (Giappone)
Revanche (Austria)
Valzer con Bashir (Israele)

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Bolt
Wall-e
Kung fu Panda

MIGLIOR SCENOGRAFIA
James J. Murakami, Gary Fettis per 'Changeling'
Donald Graham Burt, Victor J. Zolfo per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Nathan Crowley, Peter Lando per 'Il cavaliere oscuro'
Michael Carlin, Rebecca Alleway per 'La duchessa'
Kristi Zea, Debra Schutt per 'Revolutionary Road'

MIGLIORE FOTOGRAFIA
Tom Stern per 'Changeling'
Claudio Miranda per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Wally Pfister per 'Il cavalilere oscuro' Chris Menges, Roger Deakins per 'The Reader'
Anthony Dod Mantle per 'The millionaire'

MIGLIORI COSTUMI
Catherine Martin per Australia
Jacqueline West per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Michael O'Connor per 'La duchessa'
Danny Glicker per 'Milk'
Albert Wolsky per 'Revolutionary Road'

MIGLIOR DOCUMENTARIO
The Betrayal
Encounters at the End of the World
The Garden
Trouble the Water
Man on Wire

MIGLIOR DOCUMENTARIO CORTO
The Conscience of Nhem En
The Final Inch
Smile Pinki
The Witness - From the Balcony of Room 306

MIGLIOR MONTAGGIO
Kirk Baxter, Angus Wall per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Lee Smith per 'Il cavaliere oscuro'
Mike Hill, Dan Hanley per Frost/Nixon
Elliot Graham per 'Milk'
Chris Dickens per 'The millionaire'

MIGLIOR TRUCCO
Greg Cannom per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
John Caglione, Jr., Conor O'Sullivan per 'Cavaliere oscuro'
Mike Elizalde, Thom Floutz per 'Hellboy II: The Golden Army'

MIGLIOR COLONNA SONORA
Alexandre Desplat per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
James Newton Howard per 'Defiance'
Danny Elfman per ' Milk'
A.R. Rahman per 'The millionaire'
Thomas Newman per 'Wall-e'

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
"Down to Earth" di 'Wall-e'
"Jai Ho" di 'The Millionaire'
"O Saya" di 'The Millionaire'

MIGLIOR CORTO ANIMATO
La Maison de Petits Cubes di Kunio Kato
Lavatory - Lovestory di Konstantin Bronzit
Oktapodi di Emud Mokhberi, Thierry Marchand
Presto di Doug Sweetland
This Way Up di Alan Smith, Adam Foulkes

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
Auf der Strecke (On the Line) di Reto Caffi
Manon on the Asphalt di Elizabeth Marre, Olivier Pont
New Boy di Steph Green, Tamara Anghie
The Pig di Tivi Magnusson, Dorte Høgh
Spielzeugland (Toyland) di Jochen Alexander Freydank

MIGLIOR MONTAGGIO DEL SUONO
Richard King per 'Il cavaliere oscuro'
Frank Eulner, Christopher Boyes per 'Iron Man'
Tom Sayers per 'The Millionaire'
Ben Burtt, Matthew Wood per 'Wall-e'
Wylie Stateman per 'Wanted'

MIGLIOR MISSAGGIO DEL SUONO
David Parker, Michael Semanick, Ren Klyce, Mark Weingarten per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Lora Hirschberg, Gary Rizzo, Ed Novick per 'Il cavaliere oscuro'
Ian Tapp, Richard Pryke, Resul Pookutty per 'The Millionaire'
Tom Myers, Michael Semanick, Ben Burtt per 'Wall-e'
Chris Jenkins, Frank A. Montaño, Petr Forejt per 'Wanted'

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Eric Barba, Steve Preeg, Burt Dalton, Craig Barron per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
Nick Davis, Chris Corbould, Tim Webber, Paul Franklin per 'Il cavaliere oscuro'
John Nelson, Ben Snow, Dan Sudick, Shane Mahan per 'Iron man'

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Eric Roth, Robin Swicord per 'Il curioso caso di Benjamin Button'
John Patrick Shanle per 'Il dubbio'
Peter Morgan per 'Frost/Nixon'
David Hare per 'The Reader'
Simon Beaufoy per 'The Millionaire'

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Courtney Hunt per 'Frozen River'
Mike Leigh per 'La felicità porta fortuna'
Martin McDonagh per 'In Bruges'
Dustin Lance Black per 'Milk'
Andrew Stanton, Pete Docter per 'Wall-e'



Alcune considerazioni: i blockbuster sono per una volta rimasti alla porta. Tutti film che potremo quasi dire impegnati, e una sensibilità quasi “europea” (tra virgolette). Super favorito sembra essere Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, con un Brad Pitt che attraversa la storia passando dalla vecchiaia alla giovinezza. Molto accreditato anche The Milionarie di Danny Boyle (il regista di Traispotting).
Tra gli attori oltre al già citato Pitt, segnaliamo Sean Penn, nella parte di un senatore dichiaratamente gay realmente esistito in Milk (già presente nella cinquina dei migliori film, ma per la sua vittoria forse sarebbe pretendere troppa da tutta questa euforia Obamiana), e il gigantesco Mickey Rourke di The Wrestler. Tra le attrici ritroviamo l’eterna Meryl Streep, Angelina Jolie (ma che probabilmente dovrà cedere tutti i riflettori al marito) e la giovane Anne Hattaway, la cui vittoria potrebbe lanciare definitivamente nel firmamento questa attrice che fino ad adsso ha sbagliato poco o niente.
Tra i film stranieri stiamo attenti al francese la Classe, e l’Israeliano Valzer con Bashir, film di animazione sulla guerra in libano degli anni ottanta. Se vincesse sarebbe il primo film d’animazione della categoria.
Invece nei Candidati alla categoria film di animazione ne troviamo tre ugualmente digitali e ugualmente Stati unitesi: un po’ di fantasia in più no? tanto wall-e ha già la statuetta in mano…
Altre considerazioni: il grande sconfitto è il Cavaliere Oscuro, il film evento del 2008, che oltre a dei premi minori, si deve accontentare della candidatura tra i non protagonisti del compianto Heath Leadger, sul buon gusto della cosa si può discutere ampiamente. Altra sconfitta è Nicole Kidman e il suo Australia. Poco anche per Clint Eastwood e i suoi Gran Torino e The Changeling.
Anche l’Italia ne esce sconfitta, presente solo nella fotografia con Claudio Miranda per Il curioso caso di Benjamin Button. Gomorra non ce l’ha fatta ad essere candidato per i film stranieri. L’immagine dell’Italia va bene solo quando è da cartolina?