sabato 13 settembre 2008

LA NOTTE DEI LEONI (E DI UN UOMO CON IL BASTONE) -PARTE 2

Wenders avanza sul palco ed esordisce dicendo “La giuria ha lavorato con sette cuori e sette menti, vi sono delusi da questa parte del palco così come dall’altra parte, vi chiedo per tanto di togliere dal prossimo anno dal regolamento l’impossibilità di dare due premi principali allo stesso film”. Poi apre la busta e comincia a parlare in inglese. Capisco solo a movie that breaks the hearts (ma allora è Ponjo?) e rock…rock? Che c’entra il rock? Ma no! è Rourke! Ha vinto the Wrestler. Mickey impudentemente va sul palco mentre Wenders non ha ancora finito di pronunciare il nome del regista. Prende il microfono come se fosse suo il film. Ma nessuno glielo impedisce, perché in fondo è vero: è il suo film! “Grazie per la festa. Avete fatto al scelta migliore!” c’è un’ovazione da stadio. Non era il migliore dei film alla mostra, anche se tra i migliori, ma se il cinema è anche emozione, allora questo era il migliore dei finali possibili per una mostra tutto sommata blanda.
Finite le premiazioni i premiati devono passare per la sala stampa dove mi trovo. Dalla parte opposta della mia fila si siede la giuria. La Golino ha un vestito ultrachiccoso d’argento. Sembra una sirena e sembra emozionata. Wenders è un po’ di cattivo umore. Invece è raggiante John Landis, nonostante sia costretto a camminare con un bastone tipo Dr House per un infortunio.
Wenders viene messo subito sotto attacco da una giornalista giapponese: Perché di tre film giapponesi nessuno ha ricevuto un premio? Diplomatica la risposta: “Tra pochi premi è difficile scegliere tra tanti film meritevoli. Ma le assicuro che ogni elemento della giuria sa cantare la canzone di Ponjo. Ci puoi dare una prova, Johnnie?” Johnnie To, regista cinese e membro della giuria, si alza in piedi e si mette a cantare la canzoncina simulando un balletto. Scrosciano gli applausi e le risate.
Poi Wenders continua: “Porto un cuore pesante da quando sono arrivato: non siederò più al vertice della giuria. I tre premi della recitazione purtroppo non si possono sovrapporre a quelli per la regia, ma quello che ho detto anche sul palco non dev’essere inteso per sminuire il premio ad Orlando. Ho sentito delle voci prima in questo senso. Smentisco nella maniera più assoluta.” Ma cosa dicevano queste voci? Sostanzialmente che la giuria avrebbe voluto assegnare sia il leone d’oro che la volpi maschile a The wrestler. Questa è l’interpretazione anche della Aspesi su Repubblica. Ma secondo me la versione è un’altra. Wenders e Golino volevano dare entrambi i premi al film di Avati, ma il resto della giuria deve aver fatto resistenza avvalendosi di questa regola. Probabilmente il film in sé non era molto amato, ma la recitazione di Orlando riusciva a trovare unanimi consensi. Infatti l’attrice riferisce “abbiamo avuto parecchie controversie, ma su Silvio non abbiamo mai litigato”. L’attrice è protagonista di una scenetta comica. Alzandosi per raggiungere il tavolo degli interventi, le rimane attaccato alla schiena il cartello “RISERVATA” che era appiccicato sulla sua sedia. Tra le risate generali, ci vogliono cinque minuti per liberarla senza rovinare il bell’abito: ormai il clima è da festa delle medie…Continua l’attrice: “Tanto tempo fa ho vinto anch’io la Coppa Volpi, ma siccome allora la mostra era povera, mi avevano dato solo una targa di metallo, non è che adesso potete darmene una vera?” Silvio Orlando che nel frattempo era entrato nasconde la sua coppa nel timore che la Golino gliela porti via. L’attore, a chi gli chiede se è veramente un momento d’oro del cinema italiano, risponde “Sono almeno trent’anni che sento parlare di alti e bassi del cinema italiano. Forse ci vorrebbe più rispetto, sia nell’esaltare che nel criticare. Di certo ci sono nuovi talenti che stanno emergendo. Ah, vorrei ringraziare Valeria perché se ho vinto è perché lei è riuscita a sedurre tutti i membri della giuria!” Wender ride e afferma che è vero. Landis salta in piedi:”No, guarda, siamo noi della giuria che ringraziamo Valeria!”. E giù con le risate (noto che Landis è proprio su di giri). Intanto passano la giovane Jennifer Lawrence (“Grazie per il bellissimo regalo per i 18 anni!”), la meno giovane Dominique Blanc (“le martellate in testa erano vere!”), Schroeter (“Per anni ho vissuto nel sud Italia; quando ho vinto il festival di Taormina nel 78 gli italiani erano stupiti di una tedesco che parlava italiano”; Wenders ”Io e Werner ci conosciamo da quarant’anni, poi il modo di vivere diverso ci ha separati…”), il regista di Teza (che polemizza sui rapporti tra Etiopia e Italia “il problema è che l’Etiopia sta zitta e l’Italia parla troppo. Ricordiamoci che c’è stata una guerra, in Etiopia c’è il monumento a Mussolini; bisognerebbe collaborare di più, ma anche per questo film la RAI non ha voluto dare finanziamenti, arrivati invece dalla Francia”), e quello di Paper soldier (Wenders sembra prenderlo in giro “dove avete trovato il missile che si vede?”, risposta “Sembrerà strano ma anche in Russia abbiamo la computer grafica; quello che si voleva sottolineare con al scena del missile – un razzo che si alza all’orizzonte mentre in primo piano c’è una scena di vita comune – è che anche ad un piccolo uomo può succedere qualcosa di straordinario).
Alla fine, acclamati, arrivano il regista Darren Aronofsky, e Mickey Rourke, di The Wrestler. Ed è un altro spettacolo come la conferenza del giorno prima. Il regista sottolinea come il finale sia stato possibile perché il fatto di essere un film indipendente, non controllato dalle major gli dava maggior libertà. La francese seduta accanto a me si alza per dichiarare il suo odio per il Wrestling, ma si è innamorata del film “Signor Rourke, come ha fatto a prepararsi così bene per questo ruolo?”. Risposta: “sono rimasto disoccupato per 15 anni per cui ho avuto modo di prepararmi alla parte.” Poi un giornalista italiano ha l’ardire di chiedere la collocazione della pellicola rispetto ad una tradizione di film sportivi (ossia, tradotto: è un remake di Rocky o no?). A quel punto sembra che Mickey sia sul punto per menarlo: ”la sua domanda dimostra che lei non capisce niente né di sport né di cinema! Il wrestling non è sport: è intertainment, come il cinema”. Il regista cerca di tenere calmo l’attore. Per fortuna in soccorso arriva una domanda che lo addolcisce, e per un attimo ritrasforma quel volto deformato in quello dolce di vent’anni prima: “Perché si porta ovunque il suo Chiwawa?”. Risposta:”la mia cagnolina ha 16 anni, ormai è vecchia; due mesi fa ha avuto un intervento al cuore: non le rimane molto da vivere e voglio semplicemente passare con lei il poco tempo che ci rimane..”.
Scatta fragoroso l’applauso, e comincia il fuggi fuggi generale.
Mi passa Landis davanti. Cammina appoggiandosi sul bastone. Un diavolo tentatore mi bisbiglia all’ orecchio…e gli chiedo l’autografo. Mi fa un sorriso larghissimo e mi prende la moleskine. “What’s your name?” “Nicola” “Sorry?” “NICHOLAS!” “Ah, ok!” e si mette a scrivere ridendo. Lo ringrazio e guardo cosa ha scritto: NICHOLA! E in corsivo: John Landis.
E poi si allontana sorridente e soddisfatto, giocando con il bastone in mano e mostrando che non ha nessuna zoppia. Allora mi viene un’intuizione!
Diavolo di un mistificatore americano: nei film l’uomo col bastone è sempre quello dietro ad ogni macchinazione.
Landis è arrivato dagli USA per far parte di una giuria di uomini di cinema rappresentati gli interessi di cinematografie nazionali che hanno difficoltà a mettere a posto i conti, interessi da incrociare con le esigenze del cinema impegnato. Si è trovato in mezzo ad uno sceneggiatore russo che il primo giorno aveva dichiarato, senza accennare un sorriso, di appoggiare il cinema d’essai, e quindi probabilmente ha appoggiato unicamente il connazionale Paper Soldier; una regista sud americana desiderosa di premiare un film che facesse vedere un pezzo di mondo, e sicuramente avrà appoggiato l’etiopico Teza; un’attrice italiana (Golino) che doveva difendere il tricolore e un presidente di giuria, molto legato all’Italia, ma che doveva tener conto anche della sua patria (ossia Schroeter). Ha avuto gioco forza sfruttando le loro divisioni per farli ripiegare tutti a premi di secondo livello, e piazzare in vetta quel film americano che il giorno della vigilia della proiezione era visto come sfavorito (figurarsi: la storia di un lottatore di wrestling che vuole rifarsi la vita!).

Diavolo di un Landis!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

alla fine hai visto che la moleskine è stata fondamentale! E poi, dopo, l'autografo, che domanda gli hai fatto?

dalioniko ha detto...

non ho fatto domande. non ne avevo bisogno ..... da lio non deve chiedere.... mai!