sabato 6 settembre 2008

CONFERENZA STAMPA CON MICKEY ROURKE

Entrano regista, produttore, e lo sceneggiatore DI THE WRESTLER. Entra la bella ed eterea Evan Rachel Wood, la brava attrice che interpreta la figlia del protagonista (non presente, la parte della spogliarellista è interpretata da Marisa Tomei: i nostri complimenti sotto ogni punto di vista). Ma soprattutto entra lui, Mickey Rourke. Indossa un completo elegante di colore verdastro che ricorda sinistramente quello del Joker di Heath Ledger. Il viso è gonfio e deturpato, non più quello di Nove settimane e mezzo, rovinato dai pugni presi e dalle plastiche facciali eseguite nell'inutile tentativo di riportarlo alle fisionomie originali. Si, perché Mickey il bello, all'apice della sua carriera, tra la fine degli anni 80 e primi 90, ha mollato il carrozzone dello spettacolo per darsi alla boxe delle categorie più infime sotto pseudonimo e mal pagato, solo per realizare un suo sogno di gioventù. Ai combattimenti sul ring facevano da contraltare le sedute dallo psichiatra. Solo negli ultimi anni (per merito soprattutto di Sin City) è ritornato alla ribalta. Ecco perché questo film è il suo film.

La prima domanda posta sembra quasi d'obbligo: è ancora in contatto con Kim Basinger?
"Kim non la vedo da vent'anni, le faccio i miei più sinceri auguri. Mi piacerebbe incontrarla. So che è ancora una bella… (la traduttrice non traduce ma si intuisce che dice Topa) ".
La volgarità e la corporeità di Rourke quasi contrastano con l'eterea ventenne Evan Rachel Wood.
Racconta il regista "La prima ripresa di Rachel Wood è stata a sorpresa: le abbiamo detto "vai e apri la porta. Troverai qualcuno". Non sapeva che in realtà c'era Rourke.
"…E la prima cosa che gli ho detto è stato coglione" replica lei, venendo meno al suo essere eterea. Poi più seria "Questo film mi ha permesso di riconciliarmi con mio padre con cui non parlavo da anni". E il padre fittizio non può che rincarare la dose: "Ho avuto fortuna a lavorare con Evan, perché insieme avevamo delle parti difficili. Dopo la prima battuta ho pensato "Hei, la puttana sa recitare!". Alla battuta di Rourke c'è un lieve gelo in sala, qualcuno (l'inviato del L'avocetta, ndg) soffoca una risata. L'attrice sbarra gli occhi e alza il collo come se fosse sul punto di mollare un ceffone. Ma deve essersi ricordata con chi ha a che fare. E poi lui è un animale da palcoscenico: continua a parlare tessendo lodi su lodi all'attrice.

La musica è un elemento importante del film. La canzone dei titoli di coda è scritta e cantata da Bruce Springfield appositamente per il film. Un regalo di Bruce all'amico Mickey. "Quando ho sentito Bruce era appena scomparso un membro della sua band con cui suonava da vent'anni, aveva molte cose nel cuore da riporre su quella canzone".
Per quanto riguarda lo sport, Mickey ammette che una volta disprezzava il Wrestling. Solo dopo essere dovuto andare ad una scuola di lottatori per prepararsi alla parte ha cominciato ad aver rispetto. "e come in ogni sport arriva un momento in cui ti dicono "E' ora di andare via". È questo che abbiamo voluto mettere al centro del film". Il regista aveva già girato quattro film, ed era in cerca di una nuova storia per fare il quarto: "Quando ho conosciuto Rourke ho capito di aver trovato la materia su cui plasmare la storia".

Ai giornalisti che chiedono sul parallelo con la sua vita privata, Rourke risponde "Per sfortuna il personaggio ha molto a che fare con me. Ho avuto molti problemi. Il personaggio ha superato al giovinezza. Ma è ancora un sognatore, anche se vive nella merda. Un po' come me…"
Il regista entra nell'argomento"Io credo di essere ottimista, qui si parla dell'umanità e della speranza."
A chi chiede a Rourke se questo è un definitivo rientro, lui glissa "Difficile dire che è un rientro. E poi rientro da che cosa?". In soccorso di nuovo il regista: "Mickey ha fatto un viaggio di 15 anni. Ma in realtà non se ne è mai andato. Sotto quel corpo c'è ancora un bambino con una forte empatia". Rourke si ribella sorridendo: "Ma cosa dici? Non sai nemmeno il significato della parola "empatia"".
Un'altra giornalista rincara la dose: "Il problema della solitudine del suo personaggio è anche il problema della sua solitudine'?"
Lui attacca: "No guardi, lei si sbaglia. Io non ho nessun problema con la mia solitudine. Se sono solo è perché sono così, e mi va bene".
La conferenza è finita. Tra gli applausi da stadio, esce dalla sala anche Rourke, l'uomo che ha avuto dalla vita una seconda opportunità: una tipica storia americana…

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