venerdì 14 marzo 2008

LA RAGAZZA DEI CAMPANELLI - parte 2

Seconda parte del racconto...la prima è postata più in giù


Gente rideva gente beveva gente fumava. E campanelli? Niente. La musica sparata alta li avrebbe comunque coperti.
Ah ma sei tu? mi si avvicina una ragazza. Madonna quanto tempo! Ma ti ricordi al liceo? Che robe ragazzi avreste dovuto vederci? Che storie che scherzi che giochi. Ma con chi sei venuto?
Beh … io … c’era una ragazza con i campanelli e io….
Non la conosco poi me la presenterai. Dai bevi anche tu. Un po’ di vino prendi anche questa birra. Andiamo da quelli che hanno un po’ di fumo.
No non era la compagnia quello che cercavo. Ma mi feci trascinare in mezzo al gruppo per vedere se c’era lei. Mica l’avevo mai vista bene in faccia. Per cui dovevo cercarla la in mezzo
Oh siete stati tutti molto gentili ad avermi dato tutto questo alcol e anche il fumo era ottimo ora però dovrete scusarmi perché devo vomitare e a vomitare andrò un po’ più in là magari in un bagno se lo trovo perché se vi vomitassi addosso potreste prenderlo come un atto di scortesia e mi dispiacerebbe dopo questa bella serata.
Mi buttai sulla prima porta vicino a me. Dava su una stanza da letto completamente al buio. Mi avevano detto che li ci stava un piccolo bagno. A tentoni trovai la sua porta. La luce di un lampione che filtrava da una piccola finestra illuminava il water come un oggetto benedetto da Dio. Mi ci gettai sopra e vomitai quel che rimaneva di vodka, birra, scotch, aranciata di marca scadente, gli ultimi due pasti, più una buona dose di succhi gastrici. Non me ne accorsi subito ma in quei brevi secondi in cui trascorse l’espulsione di liquidi dal mio corpo, la luce si accese tutto intorno a me, e due forti braccia mi afferrarono alla pancia e alla testa, affinché non cadessi anch’io nel water insieme al resto. Chissà perché quando si vomita pensi che passerai tutta la vita abbracciato ad una tazza del cesso, tanta è l’impressione che non finisca mai. Ma quello che allora mi dava più fastidio era la coscienza di dipendere dalle due braccia che mi sostenevano: mi sembrava proprio un’umiliazione non da poco. Ma poi, una volta finito, le stesse braccia mi cullarono in un abbraccio affettuoso, forse perché dai miei occhi colavano lacrime e chi mi aveva tenuto pensava che piangessi per tristezza. Seduto a terra sentivo la sua pelle sul mio collo e sulla mia guancia. Niente profumi o bagnoschiuma. La pelle aveva proprio quel buon odore da Pelle! Sentivo il suo mento, liscio e dolce sulla mia fronte, e il suo respiro, sempre su essa. E le sue dita tracciavano piccoli disegni sui miei capelli. E sentivo anche il suo seno, piccolo ma deciso, sotto la maglietta. Da uno specchio potevo vedere la sua schiena . Dalla maglietta bianca spuntavano in rilievo le sue scapole, ed era talmente magra quella schiena che sembravano piccole ali.
Belle ali
Grazie
Per caso sei una fata?
Si, si. Sono una fata. Ora la fata ti porta di là cosi potrai dormire sul letto. Attento però al mio amico elfo: cerca di non svegliarlo. Non voglio che mi veda mentre volo via.
Sai scusa se ho dato di stomaco.
Non ti preoccupare…urina, feci, mestruazioni, vomito: L’uomo non ha ancora metabolizzato il riciclo dei rifiuti, per cui non è colpa tua. Ma ora ti consiglierei di stenderti.
Il cuscino era fresco. L’elfo russava accanto a me. La fata si stava mettendo addosso vestiti abbandonati a terra. Nel momento di tirare su la borsa, suonarono i campanelli. Feci per alzarmi ma una mano mi coprì gli occhi e precipitai nelle soffici tenebre non subito però…non prima di vederla spiccare il volo con i suoi campanelli.

Nessun commento: