mercoledì 31 dicembre 2008

VIAGGIO A BUDAPEST

Ecco le foto del mio piccolo viaggio a Budapest. Un po’ in ritardo visto che risalgono ad un anno fa. Se aguzzate la vista nella piccola finestra che il sito concede, si potrà vedere il classico centro storico da capitale europea, attraversato dal fiume mitelleuropeo per eccellenza (Danubio), tagliato dalla ancor più classica isola intrafluviale (Isola Margherita). Su una delle rive si trova il Parlamento, che prende a modello quello inglese. Tra i ponti quello Delle Catene è il più importante (s’intravede tutto illuminato in una foto notturna). Nel resto della città si vedono edifici vecchi di un secolo che riproducono una mitologia pseudo storica del medioevo magiaro. L’effetto è suggestivo, un po’ da Signore degli Anelli, anche se fittizio. Ancor più suggestivi però i monumenti relativi alla storia più recente. La sinagoga che ho visitato era stata ricostruita dopo la Seconda Guerra Mondiale. Annessi ad essa c’è un museo ebraico con libri molto antichi, comprese delle torah,. E un cimitero della Memoria, dedicato all’Olocausto, con monumento ai “giusti” (tra cui il nostro Giorgio Perlasca). Al centro del cimitero vi è un albero interamente di ferro cromato, che riporta in ogni foglia il nome di una vittima. Il monumento era stato finanziato dall’attore di Tony Curtis, nato a Budapest dove il padre era rabbino, prima di essere ucciso dai nazisti. Vicino al parlamento vi è poi la statua dedicata a Nagy Imre (che sorge sopra un finto ponte in mezzo di un aiuola piena di fiori), il primo ministro ucciso durante l’invasione sovietica del 1956. E riferimenti al dominio russo sono un po’ sparsi per tutta la città, più o meno mal sopportati dalla cittadinanza…

domenica 30 novembre 2008

THE BURNING PLAIN di Guillermo Arriaga


Il film è l'opera prima di Guillermo Arriaga, in precedenza sceneggiatore di Inarrito, ma che già sembra un esperto cesellatore del montaggio.

In fondo la storia non è una gran novità. Una saga familiare tra amanti, tradimenti, incidenti, omicidi e fughe, vista dall'occhio delle donne. Ma a dare spessore al film è soprattutto il bell'incastro di sequenze temporali diverse, alternate; come a suggerire attraverso il montaggio l'incontro e il legame tra i destini dei protagonisti.




“The burning plain” di Guillermo Arriaga (opera prima)

Con: Charlize Theron, Kim Basinger, Jennifer Lawrence, Joaquim de Almeida, Danny Pino, Diego J. Torres.

Nazione: USA - Durata: 147’- Anno: 2009 - Genere: Drammatico

Sceneggiatura: Guillermo Arriaga - Produzione: Parkes/MacDonald Productions, 2929 Productions – Distribuzione: Medusa Film - Data di uscita: 14/11/2008

lunedì 17 novembre 2008

AUTUNNO

In genere all’autunno si associa un’idea negativa, forse legata alla fine del verde estivo, e ai cimiteri di foglie cadute. Eppure i colori di questa stagione a volte esplodono in un calore pieno di vita. È un periodo dalle strane contraddizioni….


mercoledì 5 novembre 2008

ALTRE RECENSIONI DAL FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA

TAHAAN
Una favola dei giorni nostri, che per sfondo la guerra civile in Kashmir. Una storia che in altri tempi avremo detto di formazione, tra bravi attori (anche bambinio), una bella fotografia che riprende paesaggi naturali da sogno, e qualche presa di posizione coraggiosa contro la violenza: i ribelli sono cattivi, m anche i soldati governativi non scherzano…

IL SEGNO DELLA CITTA’
Un po’ Almodovar, un po’ Altman, un po’ Cuaron, il film lega storie umane vagamente in relazione tra loro: con due punti focali: la protagonista, una cartomante radiofonica che ad un certo puntosi lancia in soccorso dei disperati che incrociano il suo cammino, e la Città di San Paulo di Brasile, che fa da sfondo a queste storie di volta in volta comiche e drammatiche, grottesche e malinconiche, con protagonisti carpentieri traditi e traditori, adolescenti suicidi, infermieri missionari, viados in cerca di fortuna, ecc. ecc.

IL PASSATO E’ UNA TERRA STRANIERA …
Film un po’ di genere e un po’ impegnato, che vede un giovane di buona famiglia e dal futuro promettente instaurare una cattiva amicizia con un giovane baro. Dall’inizio stile Stangata, in cui i ragazzi si mettono a truffare con il poker criminali più grossi di loro inseguendo una giustizia tutta loro, finiranno per compiere reati sempre più efferati, fino al finale scontro tra i due, che si concluderà con l’arresto del baro, e il ritorno alla normalità del bravo ragazzo senza pagare pegno. Ma chi è peggio dei due, il ragazzo di umili origini, rimasto solo, con turbe mentali e sessuali, o quello della famiglia bene, che ha scelto di delinquere non per imposizione della società o della sua psiche, ma per sua scelta?
Elio Germano (il bravo ragazzo) conferma ancor di più di essere un bravo attore, al di sopra degli standard italiani. Ha poi una vaga somiglianza con De Niro da giovane, il che non guasta. In ogni caso è uno dei pochi in Italia che sa che per recitare non bisogna per forza urlare. O per lo meno sa urlare bene. Al suo fianco un altro attore convincente, Michele Riondino, solo un po’ penalizzato dal fatto di avere un personaggio molto complesso a cui il film non dà il giusto spazio, essendo Germano il protagonista.
Poi c’è un terzo protagonista: una Bari oscura e opprimente, mai vista prima, che si scopre essere uno sfondo ideale per una storia criminale, quasi fosse una Los Angeles o una Chicago trapiantata in Italia.

I GALANTUOMINI
Un altro film di ambientazione pugliese, ancora con tema criminale, ma questa volta con al centro la Sacra Corona Unita, l’unica organizzazione criminale di stampo mafioso efficacemente sconfitta dalle forze dell’ordine (e sarebbe interessante capire le motivazioni). Film di impianto un po’ alla fiction-televisiva-fatta-bene-stile-Montalbano, ma con elementi di originalità. Protagonisti un giudice e una sua amica d’infanzia con cui c’è del tenero, che si ritrovano a ad indagare su due fronti diversi sull’omicidio del compagno di lei. Fronti diversi perché (e lui non lo sa) lei è a capo di una organizzazione criminale del territorio: donna normale nella vita pubblica, piena della sua femminilità (si può dire?) mediterranea, feroce e virile capo clan nel privato. Sebbene a raccontarlo sembrerebbe una boiata, nella realtà il film funziona, merito soprattutto della protagonista, Donatella Finocchiaro, che sa rendere tutte le sfumature del personaggio, senza incastrarlo nello stereotipo buoni-cattivi.

PRIDE AND HONOR
In una famiglia New Yorkese, il padre, i due figli, e il genero sono tutti poliziotti pluridecorati e stimati. Le cose procedono bene, finché non si scopre che uno di quattro è corrotto. Per gli altri tre insorge il dubbio: far finta di niente, mentire, o affrontare la cosa secondo giustizia?
Collin Farrel , Edward Norton e John Voight danno spessore con la loro recitazione a questo poliziesco. Il regista esegue il compito con professionalità…
E il problema dove sta? È che siamo di fronte all’ennesima versione dello scontro tra poliziotto onesto e poliziotto corrotto già visto mille volte; con la novità, giusto per mescolare le carte, che lo scontro si svolge anche in famiglia. Peccato però che, dopo la tragica risoluzione del contenzioso, il regista non ci faccia vedere il suo esito all’interno del nucleo familiare.
Questo doveva essere il filmone americano presentato alla mostra…vabbè….

sabato 1 novembre 2008

UN GIOCO DA RAGAZZE...DALLA MOSTRA DEL CINEMA DI ROMA

Tre ragazze diciassettenni di buona famiglia passano le loro giornate tra sesso occasionale, shopping di lusso, edonismo,crudeltà verso gli “sfigati”, citazioni di Kate Moss (Kate Moss? Le ragazze di oggi seguono ancora Kate Moss? Ne siete proprio sicuri?). ….Un giovane insegnante progressista, probabilmente di sinistra, cerca di salvarle un po’ come farebbe Jodie Foster in Dangerous Minds (ma lì erano studenti di periferia, con veri problemi), e altri cloni di insegnati cinematografici visti tante troppe volte…Solo che alla fine il nostro insegnate progressista cade come un fesso nella trappola delle ragazze, si lascia sedurre, viene meno ai suoi propositi educativi, e diventa pure carnefice (della serie avete visto come sono i prof di sinistra? La Gelmini fa bene a fare dei tagli allla scuola…).
Trionfante la protagonista, leader del gruppo di ragazze, si gode fredda e cinica la sua vittoria, e in finale guarda in telecamera e allo spettatore, come adire: attento: anche tu hai colpa in tutto questo; anche tuo figlio può essere come me.
Ma cosa hai da guardare, signorina attricetta da quattro soldi? Ma chi hai da incolpare, signor regista, se in tutto il film non hai nemmeno provato a indagare le cause di un disagio giovanile? Ogni generazione di adolescenti subisce lo sguardo spaventato delle generazioni più vecchie, passando ogni volta per superficiali, violenti, drogati, rincoglioniti. E puntualmente arriva la smentita. È successo per la mia. È successo anche per quella attuale. E invece proprio in questi giorni si è scatenata i tutta Italia “un’onda” di protesta contro i tagli alla scuola, con quell’entusiasmo, magari un po’ sempre ideologico e semplicistico, ma vivo e pulsante in un modo che solo i più giovani sanno vivere nel loro modo di fare politica.
Alcuni giovani si faranno le canne, altri si pasticcano, alcuni provano e poi magari scoprono che è una cosa che non interessa, altri non provano nemmeno. Ci sono quelli che fanno all’amore, altri fanno sesso, ma mica lo fanno per forza per trasgredire, come fanno le tre deficienti protagoniste di questo film che le vuole elevare a simboli di tutta la gioventù.
E per quanto riguarda il prof eroe mancato, gli insegnanti si dividono in quelli che fanno male il loro lavoro e in quelli che lo fanno bene, con passione, e per farlo sanno che non si deve fare gli eroi. Perché la missione è l’educazione, non la salvezza.
Insomma, parafrasando una persona che sabato 25 ottobre ha parlato di fronte a milioni di persone, i ragazzi e gli insegnati italiani sono meglio del cinema italiano che li rappresenta….

martedì 21 ottobre 2008

Vicky Cristina Barcellona di Woody Allen

La prima impressione su Vicky Cristina Barcellona, ultima fatica di Woody Allen, è stata quella di aver visto un film porno senza scene di sesso. Questo senza mettere in discussione la regia (che sa cogliere sia le bellezze da cartoline che la poesia di alcuni sconosciuti scorci spagnoli) e la bella prova di attori (sicuramente meglio rispetto al precedente Scoop): Javier Bardem, Scarlett Johansson e Penelope Cruz riescono ad essere un gruppo affiatato (e non solo per le scene piccanti a tre!) a cui si aggiunge Rebecca Hall (gia vista in The Prestige), nella parte forse più importante nel film, e in grado di suggerire qualche sfumatura in più rispetto ai colleghi. Ma alla prima impressione, malevola, subentrano altri ragionamenti, più facili se si conosce un po’ il linguaggio del regista New Yorkese, il suo sarcasmo e la sua ironia iconoclasta. In fondo in questa storia, in cui due ragazze (Hall e Johansson) vengono sedotte contemporaneamente da un aitante artista spagnolo (Bardem), e una delle quali finisce ad avere un rapporto stabile a tre con lui e la sua ex moglie(Cruz), con una Spagna sul fondo che sembra quella delle pubblicità del ministero del turismo, c’è un bel po’ di Decontructing (Harry) Woody, in questo caso Deconstructing Europe. Lo stereotipo un po’ americano, ma non solo, di un Europa come terra di arte e trasgressione, piaceri e passione, in grado di sconvolgere la vita di una persona o di farle ritrovare la sua via, viene smontato proprio nella sua rappresentazione apparentemente idealizzata che ne fa il regista. Allen ci fa vedere come le due protagoniste alla fine non rimangono assolutamente cambiate dall’esperienza europea. Sono esattamente come prima se non un po’ più confuse. La Hall, ragazza proiettata verso una relazione coniugale nella più tradizionale maniera, alla fine si rassegna appunto a quello che era sempre stato il suo sogno, solo che adesso vedrà il matrimonio un po’ per quello che effettivamente è: una specie di prigione dorata. Ma nonostante la scappatella spagnola non avrà mai il coraggio di lasciare il marito e cambiare vita. La Johanson, ragazza allergica alle relazioni stabili, alla continua ricerca di avventure, scapperà via proprio quando ha trovato felicità in una relazione estrema come quella a tre con l’artista e la sua ex moglie, proprio perché per paradosso anche questa relazione rischia di diventare stabile. E i due artisti spagnoli interpretati da Penelope Cruz e Javier Bardem? Nonostante tutto il loro fascino, sono alla fine pieni solo delle loro isterie, delle loro frasi fatte sull’arte e sulla passione, intrappolati in una relazione “a cui manca qualcosa”. Solo che invece di riempire quel vuoto con un figlio, come farebbe la grande maggioranze delle coppie, lo riempiono con un’amante comune. E quando l’amante li abbandona, la scena appare proprio come l’uscita di casa di un figlio. Insomma, la mia opinione è che il buon Woody abbia realizzato un altro dei suoi film miscredenti, dissacranti, iconoclasti come già ci ha abituato (solo stavolta sfruttando i finanziamenti spagnoli!), realizzando allo stesso tempo uno dei suoi sogni erotici più reconditi, oltre che quello di quasi tutti i cinefili sparsi per il mondo: riprendere Penelope Cruz e Scarlett Johansson che si baciano….

sabato 4 ottobre 2008

In principio....

I film della mostra di Venezia erano sempre anticipati da una sigla con un filmato che sembrava venire dagli arbori della preistoria. Il filmato era tratto da questo film



Si tratta de "L'inaffiatore inaffiato" dei fratelli Lumiere e su you tube viene presentato come il film più antico. Ma forse è il più vecchio film con sceneggiatura, dato che il primato spetterebbe alla ripresa degli operai che escono dalla fabbrica dei Lunmiere, seguite dalla celebre scena del treno che si getta verso il pubblico...




Ma per ulteriore precisazione bisogna dire che i Lumiere furono gli inventori del "formato" con cui si è poi sviluppato il cinema. Sembra infatti che Thomas Edison avesse relizzato film una decina di anni prima di loro con un altro strumento. Tra i contendenti si sviluppò una guerra sui "formati" come è stato poi per le videocassette, o quella tra HD DVD e Blu Ray dell'anno scorso....

sabato 27 settembre 2008

PAUL

Tam tam in rete dei diari online, conferme anche da un amico italiano, Vincenzo Manes, presidente della fondazione Dynamo Camp: "Stamattina alle ore 7.30 ho ricevuto una mail, c'era scritto: Non è più tra noi". Il grande attore, 83 anni, era da tempo ammalato di cancro ai polmoni e avrebbe chiesto alla moglie di morire a casa
da Repubblica on line , 27/09/08

(Da: SrgMurasaki)

sabato 20 settembre 2008

CHE COSA ABBIAMO IMPARATO...



Dopo dieci giorni di proiezioni, corse da una sala all’altra, conferenze stampa, mi ricordo che cos’è il Lido prima ancora di essere la sede della mostra: e cioè una lingua di terra tra la laguna e il mare. E in dieci giorni non ho mai messo piede in spiaggia. E allora esco dall’area della mostra con tutti i suoi lustrini, e lo spirito delle giostre che stanno sbaraccando, e mi infilo nel primo accesso alla spiaggia che trovo. Tra tanti villeggianti in costume, io sono l’unico vestito da capo a piedi, con appesa alla spalla la borsa ufficiale della mostra, stracolma di ogni oggetto di sopravvivenza. E mi son messo pure la camicia!
Mi butto in fondo ad uno scoglio ed estraggo la mia moleskine e la pilot nera con cui ho recensito i film in questi giorni, assumo l’aria di uno assorto nel suo momento creativo, e comincio a scrivere il testo che state leggendo (“Dopo dieci giorni di proiezioni…”).
Vicino a me, dei piccoli granchi scappano intimoriti. Il mare è mosso. Le onde alte si infrangono sugli scogli e mi arrivano degli schizzi. E poi di nuovo schizzi. E ancora schizzi…una goccia cade sul foglio e diffonde l’inchiostro della pilot in una macchia…e realizzo: ma qui sta piovendo! Non ho messo piede in spiaggia da dieci giorni e cinque minuti dopo che finalmente lo faccio, piove! Piove dopo dieci giorni di sole! Fuggo insieme ai bagnanti (mi ricorda la proiezione di Shirin…): loro in costume, io in camicia, pantaloni, scarpe borsello e borsa di ordinanza.
E mentre cerco un riparo mi chiedo: che insegnamento si può trarre da questo? E che insegnamento si può trarre dopo aver visto una trentina di film di paesi e tematiche diversi? Cosa si può imparar da un’inesistente squadra di pallamano cingalese e dagli sminatori americani in Iraq? Cosa da una pesciolina che vuole diventare umana e da un clown che va a salvare i bambini di Bucarest? Cosa da un lottatore americano di wrestling in cerca di una riscossa e una donna francese che si prende a martellate in testa?
Ho solo una risposta possibile: BOH!
E allora non avendo mie conclusioni da proporre, faccio mie quelle del maestro Olmi: la magnificenza del mondo ci rende sempre tutti degli apprendisti.
Amen.

sabato 13 settembre 2008

LA NOTTE DEI LEONI (E DI UN UOMO CON IL BASTONE) -PARTE 2

Wenders avanza sul palco ed esordisce dicendo “La giuria ha lavorato con sette cuori e sette menti, vi sono delusi da questa parte del palco così come dall’altra parte, vi chiedo per tanto di togliere dal prossimo anno dal regolamento l’impossibilità di dare due premi principali allo stesso film”. Poi apre la busta e comincia a parlare in inglese. Capisco solo a movie that breaks the hearts (ma allora è Ponjo?) e rock…rock? Che c’entra il rock? Ma no! è Rourke! Ha vinto the Wrestler. Mickey impudentemente va sul palco mentre Wenders non ha ancora finito di pronunciare il nome del regista. Prende il microfono come se fosse suo il film. Ma nessuno glielo impedisce, perché in fondo è vero: è il suo film! “Grazie per la festa. Avete fatto al scelta migliore!” c’è un’ovazione da stadio. Non era il migliore dei film alla mostra, anche se tra i migliori, ma se il cinema è anche emozione, allora questo era il migliore dei finali possibili per una mostra tutto sommata blanda.
Finite le premiazioni i premiati devono passare per la sala stampa dove mi trovo. Dalla parte opposta della mia fila si siede la giuria. La Golino ha un vestito ultrachiccoso d’argento. Sembra una sirena e sembra emozionata. Wenders è un po’ di cattivo umore. Invece è raggiante John Landis, nonostante sia costretto a camminare con un bastone tipo Dr House per un infortunio.
Wenders viene messo subito sotto attacco da una giornalista giapponese: Perché di tre film giapponesi nessuno ha ricevuto un premio? Diplomatica la risposta: “Tra pochi premi è difficile scegliere tra tanti film meritevoli. Ma le assicuro che ogni elemento della giuria sa cantare la canzone di Ponjo. Ci puoi dare una prova, Johnnie?” Johnnie To, regista cinese e membro della giuria, si alza in piedi e si mette a cantare la canzoncina simulando un balletto. Scrosciano gli applausi e le risate.
Poi Wenders continua: “Porto un cuore pesante da quando sono arrivato: non siederò più al vertice della giuria. I tre premi della recitazione purtroppo non si possono sovrapporre a quelli per la regia, ma quello che ho detto anche sul palco non dev’essere inteso per sminuire il premio ad Orlando. Ho sentito delle voci prima in questo senso. Smentisco nella maniera più assoluta.” Ma cosa dicevano queste voci? Sostanzialmente che la giuria avrebbe voluto assegnare sia il leone d’oro che la volpi maschile a The wrestler. Questa è l’interpretazione anche della Aspesi su Repubblica. Ma secondo me la versione è un’altra. Wenders e Golino volevano dare entrambi i premi al film di Avati, ma il resto della giuria deve aver fatto resistenza avvalendosi di questa regola. Probabilmente il film in sé non era molto amato, ma la recitazione di Orlando riusciva a trovare unanimi consensi. Infatti l’attrice riferisce “abbiamo avuto parecchie controversie, ma su Silvio non abbiamo mai litigato”. L’attrice è protagonista di una scenetta comica. Alzandosi per raggiungere il tavolo degli interventi, le rimane attaccato alla schiena il cartello “RISERVATA” che era appiccicato sulla sua sedia. Tra le risate generali, ci vogliono cinque minuti per liberarla senza rovinare il bell’abito: ormai il clima è da festa delle medie…Continua l’attrice: “Tanto tempo fa ho vinto anch’io la Coppa Volpi, ma siccome allora la mostra era povera, mi avevano dato solo una targa di metallo, non è che adesso potete darmene una vera?” Silvio Orlando che nel frattempo era entrato nasconde la sua coppa nel timore che la Golino gliela porti via. L’attore, a chi gli chiede se è veramente un momento d’oro del cinema italiano, risponde “Sono almeno trent’anni che sento parlare di alti e bassi del cinema italiano. Forse ci vorrebbe più rispetto, sia nell’esaltare che nel criticare. Di certo ci sono nuovi talenti che stanno emergendo. Ah, vorrei ringraziare Valeria perché se ho vinto è perché lei è riuscita a sedurre tutti i membri della giuria!” Wender ride e afferma che è vero. Landis salta in piedi:”No, guarda, siamo noi della giuria che ringraziamo Valeria!”. E giù con le risate (noto che Landis è proprio su di giri). Intanto passano la giovane Jennifer Lawrence (“Grazie per il bellissimo regalo per i 18 anni!”), la meno giovane Dominique Blanc (“le martellate in testa erano vere!”), Schroeter (“Per anni ho vissuto nel sud Italia; quando ho vinto il festival di Taormina nel 78 gli italiani erano stupiti di una tedesco che parlava italiano”; Wenders ”Io e Werner ci conosciamo da quarant’anni, poi il modo di vivere diverso ci ha separati…”), il regista di Teza (che polemizza sui rapporti tra Etiopia e Italia “il problema è che l’Etiopia sta zitta e l’Italia parla troppo. Ricordiamoci che c’è stata una guerra, in Etiopia c’è il monumento a Mussolini; bisognerebbe collaborare di più, ma anche per questo film la RAI non ha voluto dare finanziamenti, arrivati invece dalla Francia”), e quello di Paper soldier (Wenders sembra prenderlo in giro “dove avete trovato il missile che si vede?”, risposta “Sembrerà strano ma anche in Russia abbiamo la computer grafica; quello che si voleva sottolineare con al scena del missile – un razzo che si alza all’orizzonte mentre in primo piano c’è una scena di vita comune – è che anche ad un piccolo uomo può succedere qualcosa di straordinario).
Alla fine, acclamati, arrivano il regista Darren Aronofsky, e Mickey Rourke, di The Wrestler. Ed è un altro spettacolo come la conferenza del giorno prima. Il regista sottolinea come il finale sia stato possibile perché il fatto di essere un film indipendente, non controllato dalle major gli dava maggior libertà. La francese seduta accanto a me si alza per dichiarare il suo odio per il Wrestling, ma si è innamorata del film “Signor Rourke, come ha fatto a prepararsi così bene per questo ruolo?”. Risposta: “sono rimasto disoccupato per 15 anni per cui ho avuto modo di prepararmi alla parte.” Poi un giornalista italiano ha l’ardire di chiedere la collocazione della pellicola rispetto ad una tradizione di film sportivi (ossia, tradotto: è un remake di Rocky o no?). A quel punto sembra che Mickey sia sul punto per menarlo: ”la sua domanda dimostra che lei non capisce niente né di sport né di cinema! Il wrestling non è sport: è intertainment, come il cinema”. Il regista cerca di tenere calmo l’attore. Per fortuna in soccorso arriva una domanda che lo addolcisce, e per un attimo ritrasforma quel volto deformato in quello dolce di vent’anni prima: “Perché si porta ovunque il suo Chiwawa?”. Risposta:”la mia cagnolina ha 16 anni, ormai è vecchia; due mesi fa ha avuto un intervento al cuore: non le rimane molto da vivere e voglio semplicemente passare con lei il poco tempo che ci rimane..”.
Scatta fragoroso l’applauso, e comincia il fuggi fuggi generale.
Mi passa Landis davanti. Cammina appoggiandosi sul bastone. Un diavolo tentatore mi bisbiglia all’ orecchio…e gli chiedo l’autografo. Mi fa un sorriso larghissimo e mi prende la moleskine. “What’s your name?” “Nicola” “Sorry?” “NICHOLAS!” “Ah, ok!” e si mette a scrivere ridendo. Lo ringrazio e guardo cosa ha scritto: NICHOLA! E in corsivo: John Landis.
E poi si allontana sorridente e soddisfatto, giocando con il bastone in mano e mostrando che non ha nessuna zoppia. Allora mi viene un’intuizione!
Diavolo di un mistificatore americano: nei film l’uomo col bastone è sempre quello dietro ad ogni macchinazione.
Landis è arrivato dagli USA per far parte di una giuria di uomini di cinema rappresentati gli interessi di cinematografie nazionali che hanno difficoltà a mettere a posto i conti, interessi da incrociare con le esigenze del cinema impegnato. Si è trovato in mezzo ad uno sceneggiatore russo che il primo giorno aveva dichiarato, senza accennare un sorriso, di appoggiare il cinema d’essai, e quindi probabilmente ha appoggiato unicamente il connazionale Paper Soldier; una regista sud americana desiderosa di premiare un film che facesse vedere un pezzo di mondo, e sicuramente avrà appoggiato l’etiopico Teza; un’attrice italiana (Golino) che doveva difendere il tricolore e un presidente di giuria, molto legato all’Italia, ma che doveva tener conto anche della sua patria (ossia Schroeter). Ha avuto gioco forza sfruttando le loro divisioni per farli ripiegare tutti a premi di secondo livello, e piazzare in vetta quel film americano che il giorno della vigilia della proiezione era visto come sfavorito (figurarsi: la storia di un lottatore di wrestling che vuole rifarsi la vita!).

Diavolo di un Landis!

mercoledì 10 settembre 2008

LA NOTTE DEI LEONI (E DI UN UOMO CON IL BASTONE) -PARTE 1

Si avvicinano le 18 e 30, l’ora della premiazione. A noi accreditati è proibito entrare in salA grande, dove si svolge la cerimonia. Siamo tutti destinati a seguire l’evento in sala conferenze stampa. Quando arrivo la sala è vuota. Impudentemente mi metto in prima fila. Mi ritrovo in mezzo a una schiera di cinesi che parlano sempre a voce alta e ad una giornalista francese esaltata che continua a farmi battute in francese a cui rispondo ridendo pur non capendo una parola di quello che dice. Nella sala l’eccitazione è alta. Dal maxi schermo si vede chi attraversa il red carpet, e in base a questo si fa il toto nomine: c’è Mijazaki, non c’è la Hattaway…
Poi iniziano le danze. Muller vestito da prete e la Ksenia Rappoport presentano la premiazione con la giuria seduta al loro fianco.
Il primo premio è l’Osella alla fotografia, che va a Paper Soldier: i giornalisti italiani dietro di me sono contenti: prendere quel premio vuol dire escluderlo forse dai premi più alti.
Poi viene l’Osella per la miglior sceneggiatura: la prende Teza. E qui scatta il brusio: il film è uno dei più favoriti, osannato dalla critica.
A questo punto a chi è andato l’oro? Qualcuno dice Vegas, film molto Wendersiano, ma dei partigiani pensano ad Avati . Mijazaki si capisce che ormai è dato per silurato.
Poi: premio Matroianni per miglio attore emergente a Jennifer Lawrence, di Burning Plain (interpreta il ruolo della Theron da Giovane): niente da dire, quasi previsto; di certo è strano che la produzione non l’avesse prevista nella delegazione. Il viaggio al Lido gliel’anno pagato i suoi genitori come regalo per i 18 anni.
Coppa Volpi per Miglior attrice: Dominique Blanc, per l’Autre. Il film non mi era piaciuto, ma lei però è brava. Certo io preferivo la Hattaway…..
Coppa Volpi per Miglior attore…suspence, sarà Rourke o Orlando’ La risposta è: Silvio Orlando (sale sul palco, ringrazia tutti, fa una gaffe su Avati “nell’alto dei cieli”, e chiude:”la fortuna è incontrare le persone giuste”; beato lui…).
Poi è il Leone speciale per l’opera complessiva; non è un premio obbligatorio, in genere viene dato come premio di consolazione al quarto arrivato, o comunque ad uno che aveva buone possibilità di andare all’oro ma non ce l’ha fatta. Il premio è andato a Scroether il regista di Nuit de Chien; a mio avviso uno dei film più brutti che ho visto qui alla mostra. Però il regista è simpatico, gira vestito come il Dracula di Coppola, parla in Italiano ed è molto ironico.
Tocca la Premio speciale della giuria, una sorta di medaglia di bronzo, ma anche qui si tratta di un film che ha rischiato di prendere l’oro, molto più del secondo arrivato. Si tratta del superfavoritissimo Teza. È il secondo premio della serata e questo è indice quanto era in corsa.
Tocca al Leone d’argento: Paper Soldier. Ho una specie di sussulto: sono l’unico in sala ad apprezzare questo risultato; evidentemente avevo amato solo io quel film, e la considero una mia personale rivincita su accreditati più scafati di me.
Tocca al Leone d’oro: a chi toccherà? Teza ormai è escluso, Ponjo e Vegas non sono mai stati nominati…(SEGUE.....)

sabato 6 settembre 2008

CONFERENZA STAMPA CON MICKEY ROURKE

Entrano regista, produttore, e lo sceneggiatore DI THE WRESTLER. Entra la bella ed eterea Evan Rachel Wood, la brava attrice che interpreta la figlia del protagonista (non presente, la parte della spogliarellista è interpretata da Marisa Tomei: i nostri complimenti sotto ogni punto di vista). Ma soprattutto entra lui, Mickey Rourke. Indossa un completo elegante di colore verdastro che ricorda sinistramente quello del Joker di Heath Ledger. Il viso è gonfio e deturpato, non più quello di Nove settimane e mezzo, rovinato dai pugni presi e dalle plastiche facciali eseguite nell'inutile tentativo di riportarlo alle fisionomie originali. Si, perché Mickey il bello, all'apice della sua carriera, tra la fine degli anni 80 e primi 90, ha mollato il carrozzone dello spettacolo per darsi alla boxe delle categorie più infime sotto pseudonimo e mal pagato, solo per realizare un suo sogno di gioventù. Ai combattimenti sul ring facevano da contraltare le sedute dallo psichiatra. Solo negli ultimi anni (per merito soprattutto di Sin City) è ritornato alla ribalta. Ecco perché questo film è il suo film.

La prima domanda posta sembra quasi d'obbligo: è ancora in contatto con Kim Basinger?
"Kim non la vedo da vent'anni, le faccio i miei più sinceri auguri. Mi piacerebbe incontrarla. So che è ancora una bella… (la traduttrice non traduce ma si intuisce che dice Topa) ".
La volgarità e la corporeità di Rourke quasi contrastano con l'eterea ventenne Evan Rachel Wood.
Racconta il regista "La prima ripresa di Rachel Wood è stata a sorpresa: le abbiamo detto "vai e apri la porta. Troverai qualcuno". Non sapeva che in realtà c'era Rourke.
"…E la prima cosa che gli ho detto è stato coglione" replica lei, venendo meno al suo essere eterea. Poi più seria "Questo film mi ha permesso di riconciliarmi con mio padre con cui non parlavo da anni". E il padre fittizio non può che rincarare la dose: "Ho avuto fortuna a lavorare con Evan, perché insieme avevamo delle parti difficili. Dopo la prima battuta ho pensato "Hei, la puttana sa recitare!". Alla battuta di Rourke c'è un lieve gelo in sala, qualcuno (l'inviato del L'avocetta, ndg) soffoca una risata. L'attrice sbarra gli occhi e alza il collo come se fosse sul punto di mollare un ceffone. Ma deve essersi ricordata con chi ha a che fare. E poi lui è un animale da palcoscenico: continua a parlare tessendo lodi su lodi all'attrice.

La musica è un elemento importante del film. La canzone dei titoli di coda è scritta e cantata da Bruce Springfield appositamente per il film. Un regalo di Bruce all'amico Mickey. "Quando ho sentito Bruce era appena scomparso un membro della sua band con cui suonava da vent'anni, aveva molte cose nel cuore da riporre su quella canzone".
Per quanto riguarda lo sport, Mickey ammette che una volta disprezzava il Wrestling. Solo dopo essere dovuto andare ad una scuola di lottatori per prepararsi alla parte ha cominciato ad aver rispetto. "e come in ogni sport arriva un momento in cui ti dicono "E' ora di andare via". È questo che abbiamo voluto mettere al centro del film". Il regista aveva già girato quattro film, ed era in cerca di una nuova storia per fare il quarto: "Quando ho conosciuto Rourke ho capito di aver trovato la materia su cui plasmare la storia".

Ai giornalisti che chiedono sul parallelo con la sua vita privata, Rourke risponde "Per sfortuna il personaggio ha molto a che fare con me. Ho avuto molti problemi. Il personaggio ha superato al giovinezza. Ma è ancora un sognatore, anche se vive nella merda. Un po' come me…"
Il regista entra nell'argomento"Io credo di essere ottimista, qui si parla dell'umanità e della speranza."
A chi chiede a Rourke se questo è un definitivo rientro, lui glissa "Difficile dire che è un rientro. E poi rientro da che cosa?". In soccorso di nuovo il regista: "Mickey ha fatto un viaggio di 15 anni. Ma in realtà non se ne è mai andato. Sotto quel corpo c'è ancora un bambino con una forte empatia". Rourke si ribella sorridendo: "Ma cosa dici? Non sai nemmeno il significato della parola "empatia"".
Un'altra giornalista rincara la dose: "Il problema della solitudine del suo personaggio è anche il problema della sua solitudine'?"
Lui attacca: "No guardi, lei si sbaglia. Io non ho nessun problema con la mia solitudine. Se sono solo è perché sono così, e mi va bene".
La conferenza è finita. Tra gli applausi da stadio, esce dalla sala anche Rourke, l'uomo che ha avuto dalla vita una seconda opportunità: una tipica storia americana…

venerdì 5 settembre 2008

ANNE DEI MIRACOLI....



Anne Hattaway entra nella sala delle conferenze stampa affiancata dal regista Jonathan Demme. Abito rosso lungo che regala generosamente la scolatura. Capelli neri, occhi grandi e dolci alla Audrey Hepburn.
Mi ricorda qualcuno.
A volte il cinema fa male…

SOSTIENI PONYO, BOICOTTA LA ASPESI!

Dopo l’attacco salottiero di Mereghetti dalle pagine di Ciak, ecco che la sferzata principale viene dal divano principale: Natalia Aspesi, dalle pagine di Repubblica definisce Ponyo il solito manga con gli occhi grandi, con un’insopportabile canzoncina (scrive che è il probabile vincitore della Mostra, ma il segnale è chiaramente di contrarietà). Per cui il fronte si allarga. La nostra mossa sarà boicottare la Snob-Aspesi: non manderemo più lettere alla sua posta del cuore!

mercoledì 3 settembre 2008

POLITICHESE PER CINEFILI

alla mostra ogni giorno esce un foglio giornaliero di Ciak in cui sono riportati i punteggi dei critici dei film in concorso fino ad oggi. la cima è sempre stata assegnata al film di Miyazaky. oggi però sul giornaliero c'è l'editoriale di Mereghetti che dice "bravo Miyazaky, ma altri i suoi film che cercano di sfidare il mercato la prevedibilità della fantasia (sic!), da rivalutare invece Plastik city "(il film più disprezzataìO della mostra tranne che dal sottoscritto)"che vuole superare i limiti dei generi e dell'estetica post moderna " (sic!sic!)
chi come me ha frequentato le sezioni di partito può capire il messaggio, per chi non feequenta invece traduco: cari critici , smettetela di pompare sul cartoon giapponese, che tanto non gli concediamo il mercato anche se lui lo vuole, non fa abbastanza salotTo radical intellettuale il pesce innamorato, rimettetelo aql livello del da voi odiato Plastik city (utilizzato solo come pietra di paragone). e' uscito TEZA, film sulle sfortune dell'etiopia e che a noi salottieri riempie molto di più i cuori, e il mercato pazienza, tanto abbiamo il Red Carpet.
quindi all'amico Nello , grande fan del maestro giapponese , dico di rassegnarsi : Niente leone d'oro a ponjio....

martedì 2 settembre 2008

RECENSIONI MOSTRA CINEMA 4

IL PAPA’ DI GIOVANNA
Di Pupi Avati

Un padre che esercita un controllo quasi opprimente sulla figlia. Un omicidio. Il fascismo sul fondo. Questi gli elementi principali del film di Avati. Per circa cinque minuti è una commedia. Poi si trasforma in giallo. Sembra la forma definitiva, e invece si blocca familiare-psicologico. L’unica domanda è: perché ambientare questa storia durante il fascismo? Almeno si sarebbe potuto evitare una sua rappresentazione un po’ troppo benevola, tra il “si stava meglio quando si stava peggio” e il “fascisti e comunisti sono tutti uguali”. L’unica critica al fascismo seria è quando il personaggio di Greggio parla delle conseguenze delle leggi razziali, salvo poi schierasi con la Repubblica di Salò. I partigiani ci fanno una figura sicuramente peggiore.
E allora perché questa scelta di ambientazione temporale? Una risposta potrebbe essere che il padre padrone potrebbe rappresentare Mussolini, e l’unità della famiglia rappresenterebbe lo stato, che ad un certo punto si lacera (guerra di liberazione), per poi riconciliarsi dimenticando le colpe, gli sbagli, le mancanze del passato, con la frase emblematica pronunciata da Orlando all’uscita da un cinema “questo film non mi piace poi tanto, andiamo via”.
Frase che ho pensato anch’io uscendo dal cinema.

lunedì 1 settembre 2008

FOTO DELLA PRIMA....

Ecco un po' di foto della giornata di apertura con relativo red carpet per la presentazione di Burn after Reading, tratto da Golighty (trovate il link nella colona a sinistra), il blog di una mia amica, una vera "fotografa d'assalto" che mi ha accompagnato mercoledì.

domenica 31 agosto 2008

RECENSIONI MOSTRA DEL CINEMA 3



PONYO ON THE CLIFF BY THE SEA
Di Hayao Miyazaki

Dopo omicidi, tradimenti, fallimenti, sangue e lacrime persi a litri, ecco che Miyazaki ci porta un sorso di acqua dolce qui alla mostra. Il suo film di animazione è una favola: nel contenuto e nell’essenza. La storia del pesce rosso Ponyo che vuole trasformarsi in bambina per stare insieme al piccolo Sosuke, rovescia l’esito infelice della sirenetta di Andersen, per regalarci un viaggio lieve ed allegro nella fantasia, senza cedimenti al melodramma o alla morale spicciola che spesso i cartoni ci impongono. Ogni fotogramma (e ricordiamoci che tutti i disegni sono fatti a mano) è un quadro, ogni personaggio amabile, la musica dolce come l’amicizia tra i bimbi protagonisti.
E per me tutto questo varrebbe già il Leone d’Oro.

sabato 30 agosto 2008

RECENSIONI MOSTRA DEL CINEMA 2

Machan di Uberto Pasolini
La risposta alla domanda "ma dove è finita la commedia all'italiana?" è questa: è finita in Sry Lanka (dopo breve passaggio in Inghilterra).
E il nostro orgoglio nazionale ha poco da rallegrarsi se il regista di Machan sia l'italiano Uberto Pasolini (nessuna parentela con P.P., ma nipote di Visconti e produttore di Full Monty): il film è quasi completamente una realizzazione cingalese. Dalla produzione al cast, in tutto il film non vi è mai un punto di vista occidentale, ma al contrario veniamo a conoscere il punto di vista di questa parte del terzo mondo rispetto l'occidente. E attraverso la storia di un gruppo di disperati che si inventano una inesistente nazionale di pallamano dello Sry lanka per avere il visto d'ingresso in Europa, possiamo vedere il il disagio del degrado di questa parte del pianeta, la speranza di una vita migliore, la disperazione nell'abbandonare i familiari, l'annichilimento delle identità personali una volta emigrati. Tutto questo e di più in un film che ci ricorda Monicelli e l'intero cast de I soliti ignoti, e che ci dice soprattutto una cosa: quanto siano inutili le leggi contro i clandestini in Europa.

IL RESTO DELLE RECENSIONI SU WWW.LAVOCETTA.IT A PARTIRE DAL 31 AGOSTO

RECENSIONI MOSTRA DEL CINEMA 1

Burn after reading
Joel e Ethan Coen

I fratelli Coen aprono la Mostra con una commedia leggera, ma non stupida, dissacrante, ma non impegnata. E soprattutto con una parata di stelle (Clooney, Pitt, Malcovich, Tilda Swinton) che sembrerebbe quasi sprecata; oltretutto Pitt muore a circa metà film e non si capisce perché abbiano dovuto spendere tanti soldi per dare la parte per forza a lui. Tutti in fondo nel ruolo di non protagonisti, insieme mettono su un bel circo della bella recitazione, ma forse il circo mediatico intorno a questi divi hanno tolto spazio alla vera e brava protagonista, Frances McDormand, nel ruolo di una insegnante di fitness che si lancia in una improbabile spy story per pagarsi i tanto desiderati interventi di chirurgia plastica. Dal film ne viene fuori un ritratto di un’America meschina, fedifraga, traditrice, legata indissolubilmente all’immagine, e con una certa di idiozia di fondo che la pervade. Per non parlare poi dell’idiozia dei servizi segreti americani….
In conferenza stampa, con Clooney cinquantenne in maniche di camicia e Pitt quarantenne imbolsito in completo bianco e panama in testa, le domande sono state indirizzate quasi tutte sul gossip, e gli attori e le attrici hanno avuto gioco facile nel prendere in giro giornalisti che davano pure essi grande prova di idiozia. Alla domanda di quanto avessero improvvisato durante le riprese, gli attori hanno risposto che in realtà il lavoro di sceneggiatura era tale che non vi era spazio per improvvisazioni, scusandosi per la loro carenza in questo campo.

IL RESTO DELLE RECENSIONI A PARTIRE DA 31 AGOSTO SU WWW.LAVOCETTA.IT

TORTURE IN SALA

Ecco il piu´ grande tributo immolato sull´altare della cinefilia. E´ il film che Kiarostani porta al Lido.
Le premesse ci sono tutte. L´autore in sala , Muller in sala, Kitano in sala a consegnare il premio al regista iraniano. Il popolo dei cinefili applaude estasiato come in una funzione religiosa.
Poi il primo elemento chiave, Kiarostani chiede gentilmente al pubblico di non uscire dalla sala prima della fine del film “se resistete per mezz'ora poi gradirete tutto il film”. E qui vengono i primi sospetti.
Il secondo elemento chiave: una volta adempiuto i suoi doveri di cerimoniere Kitano si da alla fuga con tutto il suo enturage giapponese compreso di attrice in kimono. E qui i sudori diventano gelati.
Poi il film parte: un´ora e mezza di primi piani di donne iraniane sedute al cinema mentre guardano un film di cui noi non vediamo una sola immagine, ma ne sentiamo l´audio…una favola persiana di 800 anni fa.
Mi dispiace ma e´ troppo anche per me. Provo solidarietà con l'attrice ripresa sul punto di addormentarsi e fugo imbucando la stessa porta presa da Kitano….

venerdì 29 agosto 2008

PITT E CLOONEY AL LIDO SECONDA PARTE

...dopo minuti di attesa fanno entrare anche noi fuori casta alla conferenza stampa piu ambita . me lo ritrovo a pochi metri di distanya il buon George. Mi e´ sembrato pi# vecchio della sua etä sinceramente. anche se fossimo tutti come lui...piu´ divo invece Pitt, sembra tirarsela di piu´, e in fondo anche i suoi quarant´anni e tutte le gemelle si vedono...visti da vicino ci si accorge di quello che é´ assolutamente ovvio. sono uomini normali! e pure simpatici (piú´ george)
SEGUE...

Tannhauser in lutto

oggi 29/8/2008 un giorno di lutto : ho perso Charlize sono per qualche secondo...

mercoledì 27 agosto 2008

PITT E CLOONEY AL LIDO (PARTE UNO)

Anche a Lido ci sono le caste. Quella più bassa sono quelli con pass per stampa on line di cui ho l’onore di fare parte. Il regolamento vuole che siano gli ultimi ad avere accesso alle sale e alle conferenze stampe. E così nella mia alzataccia mattutina per raggiungere il Lido in un tragitto macchina, pullman , vaporetto , pullman , vengo accolto all’ingresso del casinò da una ragazza sorridente che mi dice “guarda che non troverai posto alla conferenza con Pitt e Clooney”. Non importo filo dritto e mi trovo una fila enorme, e allora mi metto comodamente su un divano. Passano i minuti, e dai televisori vedo che nella stanza impossibile sta antrando l’intero cast di Burn After Reading. Dalle tv non si sente l’audio. Allora guardo le immagini. I Coen sebrano dei ragazzini strafatti e simpatici, Tilda Swinton (la strega di Narnia per intenderci) ha una bellezza aliena, la McDormand ha una bellezza simpatica. Clooney è in maniche di camicia, ma se lo può permettere, Pitt è imbolsito nel suo completto bianco con panama in testa. La domanda tipo è : Pitt e Clooney, avete visto come mi sono vestita, l’ho fatto per convincervi ad invitarmi fuori, lo farete ? (la domanda è riportata fedelmente). Clooney dimostra tutta la sua superiorità da divo sulla media degli uomini (e delle donne): “io in realtà ho paura di una donna disposta a vestirsi in una certa maniera….”

martedì 26 agosto 2008

ECCOCI AL LIDO....

Ore 17...ho ritirato l'accredito. come al solito ho sbagliato fila allo sportello. E come l'anno scorso mi trovo circondato dal "fantastico" popolo dei giornalisti. Certo che sono proprio un ingrato..ma quando mi trovo in mezzo alle signore sessantenni intellettuali di professione che devono farsi indicare le ubicazioni dei cinema quando saranno trent'anni almeno che vengono a Venezia, mi vengono i conati...
Per il resto sembra ancora tutto in allestimento: sarà tutto pronto per l'inaugurazione? Bè domani si comincia, il sole è alto e il cielo terso!

martedì 19 agosto 2008

E adesso parliamo di televisione...

Per una volta abbandono i giochi cinefili su questo blog e mi dedico alla maledetta televisione, per ricordare quella che secondo me è la regina delle sit com americane. Friends era apparso sugli schermi circa a metà degli anni 90. In Italia per la precisione arrivò alla fine del 1996. ricordo che delle mie prime mozioni d’ordine alle riunioni della SG era di posticipare l’inizio degli incontri dalle 20e30 alle 21, per permettere la visione del telefilm (l’orario d’inizio alle 21 ha poi resistito per 10 anni!). Il telefilm ebbe successo in Italia come in America. Merito soprattutto di essersi svincolato dal modello tipico delle sit com americane (una famiglia al centro e tutti i valori familiari che ci girano intorno), per concentrarsi su un gruppo amicale newyorkese. Il secondo merito fu quello (per ben 10 serie) di essersi dato alla comicità dall’inizio alla fine, senza nessun cedimento al melodramma (nessun protagonista colto da grave malattia, nessuna crisi che vincoli al malinconico) o all’impegnato ( anche Fonzie faceva dei pistolotti politicamente corretti, ogni tanto). E pur non essendo seria, fotografava ben la realtà delle convivenze in appartamento, che proprio negli anni ’90 faceva il suo boom soprattutto in ambiente universitario. E a parte questo, mai prima di allora nelle sit com si mostrarono tutti insieme fenomeni sociali quali famiglie allargate, coppie omosex, inseminazioni in vitro con tanto di “utero in affitto”, roba da far venire un colpo alla Binetti! E cosa non era il personaggio di Phoebe se non il prototipo delle alternative di sinistra, un po’ no global, che erano lì lì per venire? Ora in un fenomeno astro-televisivo eccezionale, il palinsesto televisivo ci offre le prime serie su Italia uno dalle 19 alle 20, e subito dopo le serie finali su rai due, a partire dalle 20. Effetto stranissimo quello di vedere in pochi minuti l’invecchiamento di giovani trentenni in quarantenni un po’ imbolsiti. E questo aumenta l’effetto nostalgia…

martedì 12 agosto 2008

TANNHAUSER AL LIDO

Tannhauser parteciperà in diretta alla 65°Mostra del Cinema di Venezia. Troverete una cronaca puntuale del vostro imbucato preferito al Lido.
Su www.lavocetta.it invece le mie recensioni giorno per giorno.
Leggete, commentate, partecipate

Nicola Da Lio

http://dalioniko.blogspot.com/
http://ilcompagnodemocratico.blogspot.com/
www.lavocetta.it

mercoledì 30 luglio 2008

40 ANNI FA' 2001 (PRIMA PARTE) - UN BEL FINALE



La contraddizione: vedere il futuro nel passato. O meglio vedere il passato di sette anni fa come la previsione del futuro immaginata in un passato ancor più remoto. Questa è la contraddizione di 2001, che rende il film oggi ancora più affascinante di quanto già non lo fosse. Ed è ancora più affascinante se si tiene conto che dopo quarant’anni dalla sua uscita è sempre il film più realistico sul futuro mai girato. Insomma, se dovessimo immaginare un sistema solare solcato da astronavi, sarebbe quello del film di Kubrick. Sbagliando solo una cosa: l’anno.
Il film giunge al suo quarantesimo compleanno. Ricordo ancora da piccolo la prima volta che lo diedero per televisione. Era un film tutto sommato recente, con solo una quindicina d’anni di vita. E penso che colpì una nuova generazione, che non aveva avuto la fortuna di vederlo all’uscita nei cinema, quando i figli dei fiori che si rintanavano nelle sale a prendersi LSD mentre il protagonista dell’Odissea entrava nel tunnel di luce .
Un compleanno che coincide con un evento luttuoso. Poche settimane fa è infatti morto Arthur C Clarke lo scrittore da un cui racconto (La Sentinella) è stato tratto il film, e l’autore della sceneggiatura dello stesso. Non ce ne voglia il compianto scrittore, ma, nonostante l’origine letteraria, se 2001 è 2001, non lo dobbiamo tanto a lui, quanto al regista. Ed è inutile soffermarsi su chi è Kubrick (l’uomo che girò una manciata di film in tutta la sua vita, adottando ogni volta un genere narrativo diverso, e che puntualmente cambiava per sempre le regole di quel genere).

(SEGUE)

PS: CON QUESTO POST INAUGURO LA SERIE DEI BEI FINALI, DOPO IL CLAMOROSO SUCCESSO (!) DEI BUONI INIZI. SPERO CHE CI SIA ANCORA QUALCUNO CHE LEGGa IL BLOG DOPO LA MIA COLPEVOLE ASSENZA E CHE SIA COSI' GENTILE DA METTERE UNA SEGNALAZIONE

mercoledì 25 giugno 2008

H.J.F: POLICE E MORISETTE A MESTRE!

In un parco sorto lì dove una volta c’era una discarica, a metà strada tra la città di Mestre, le ciminiere di Porto Marghera, i campanili di Venezia e la laguna, si è svolto la seconda edizione del Jamming Festival versione mestrina. Lì giovani di tre generazioni differenti si sono ritrovati per celebrare la più bella delle messe laiche della storia dell’umanità: quella del concerto rock. E in quella bolgia umana mi sono ritrovato tra ragazzi ridotti ad usare le loro magliette come bandane per difendersi come moderni pirati dall’oppressione di un caldo sole di giugno, e ragazze in bikini costrette dal caldo a mostrare le loro grazie, rese belle dallo stesso sole come probabilmente non lo saranno mai per il resto della vita.



E lì dopo una paio di concerti di gruppi troppo preoccupati a farsi vedere fighetti, ho ritrovato una vecchia: amica : Alanis Morisette è salita sul palco tra le urla di benvenuto e ha cominciato a cantare. E ha cantato come se non fosse passato un solo secondo da quel Jagged Little Pill che la consacrò al successo più di dieci anni fa. E così un’intera generazione che con le sue note ha imparato ad essere alternativa di sinistra ha rivissuto le emozioni che sapevano dare canzoni come Ironic e Thank you. La sua voce, alta, appassionata, sottile, riempie tutto lo spazio del parco.



Purtroppo una brutta partita incombeva: le luci del palcoscenico si sono spente per dare spazio a Italia Spagna, quarti di finale degli Europei 2008. Due ore per vedere la nazionale perdere ai rigori. Ma quando le luci si riaccendono su un Copeland, che sembra un Efesto nella sua fucina, o un mago merlino con le percussioni al posto di provette e alambicchi, si apre un nuovo mondo. A lui tocca, con un suono dell’immenso gong che ha alle spalle, il compito di aprire il concerto: e così con Message in a bottle il pubblico esplode e salta all’unisono. La chitarra Summer sembra il genio ritirato in campagna a cui un giorno hanno bussato alla porta e gli hanno detto “Abbiamo bisogno di te. Ritorna”. E allora riprende il suo strumento appeso al muro, anche se sa che le telecamere impietose dell’organizzazione proietteranno sui maxi schermi le vene varicose delle sue mani. Sting sembra un Dioniso invecchiato e saggio. Il legno del suo basso è tutto scrostato, quasi a pezzi. Forse è quello di trent’anni fa. O forse no. Ma sembra già leggenda da solo.
Loro sono i Police. Trent’anni dopo.
Non è così naturalmente tutto divino. Sappiamo tutti che sono tre vecchietti riuniti sicuramente più dalla prospettiva dell’introito che dal motivo artistico. Sting ogni tanto non ce la fa a prendere l’ultima nota e allora con un sorriso si scusa con il suo pubblico. E va bene così perché il tutto è molto cordiale, comprese le frasi nell’italiano stentato del cantante e bassista. Che dichiara tutto il suo dispiacere per la sconfitta a calcio. “Come vi sentite?” chiede premuroso e ironico.
I pezzi si succedono, funzionando oggi come funzionavano ieri: Walking on the moon, Don’t stand so close to me, Do do do de da da da. Ad un certo punto vanno via. La gente chiede il Bis. Tornano con l’urlo di Roxanne, più in altro paio di canzoni. Se ne vanno di nuovo, e a questo punto comincia ad andare via anche la gente, convinta che sia tutto finito. E invece il palco si reillumina sulle note di Every breath you take. E la luna citata dalla canzone sta in cielo a guardare il pubblico festante all’interno di una giostra organizzata da una multinazionale su uno spazio verde costruito su una discarica, tra mille polemiche politiche e ambientaliste. Ma contava tutto questo in quel momento? Il senso in fondo lo riassume Sting in una frase in semi-italiano durante il concerto: Prima di diventare un cantante ero un professore..non ho ben capito che cazzo sia successo!…

domenica 8 giugno 2008

TRIBUTO A DINO RISI

Ecco l'episodio di apertura de I Mostri in cui si vede Tognazzi insegnare "la vita" al figlio (Ricky). Con un pensiero: è cambiato qualcosa in Italia in quarant'anni? Risi fotografava impietosamente le storture della nostra società, ma forse noi non abbiamo imparato molto ...

martedì 3 giugno 2008

Una considerazione su Venezia

Sarà a causa della mia condizione di Veneziano “amministrativo” (le mie origini di terraferma mi rendono più simile ad un bellunese che ad un abitante de Casteo) ma mi è venuta un’insana considerazione: che in fondo non esiste differenza tra la Venezia dei turisti e quella degli universitari, tra quella mercenaria dei gondolieri e quella virtuosa dei bacari, tra quella della storia dei Dogi e quella dei salotti intellettuali. Ma esiste invece un’altra Venezia, una diversa, fatta ancora di panni stesi al sole, anziane signore sedute sul davanzale, muri scrostati, archeologia industriale, case che sembrano volti umani, bandiere della pace logorate dal tempo, sculture solitarie. E silenzio. Magari l’ultimo mistero rimasto di Venezia va cercato proprio qui, celato dall’ultimo tabù del terzo millennio: l’anonimato.

domenica 25 maggio 2008

FOTO DANIMARCA(SECONDA PARTE)

Ecco il resto delle foto del viaggio in Danimarca: si vede trall'altro la città natale di Andersen (con statue ispirate alle fiabe), i "misteriosi" campi gialli (nel senso che non abbiamo ancora capito che painte siano), legoland; navi, tumuli e monoliti vichinghi con tanto di rune, ecc, ecc..


martedì 20 maggio 2008

BELLA O BRUTTA CHE SIA...

In questi giorni di legittime domande di sicurezza e paura immotivata, sconfitte elettorali e sterili polemiche politiche, sirene spianate, demagogia in svendita, spazzatura per le strade e in fiamme, assalti ai campi nomadi, verrebbe la voglia di rinunciare. Forse qualcuno (W?) in questi giorni dovrebbe dire qualcosa di più. E si vorrebbe essere come Scalfari, e vedere tutto con occhio analitico e dare risposte giuste. Lui ce la fa sempre, ma è unico, e noi qui siamo solo blogger e come noi ce ne sono a centinaia di migliaia nella rete, così rimando direttamente al suo articolo su Repubblica, perché è inutile ripetere le cose giuste che lui già scrive. Ma per andare avanti e interessarsi ancora di politica ci vuole altro che serie analisi. Allora in aiuto arrivano due elementi un po’inattesi.
Il primo è la lettura dell’ intervista su Repubblica di oggi a Francesco De Gregori. Ed è piacevole scoprire che un artista che ho tanto amato fin da piccolo la vede come me sulla politica (la destra, la sinistra, Grillo, Veltroni ecc.). Ti viene in mente che forse era già tutto scritto nelle sue canzoni di trent’anni prima, e forse qualcosa di subliminale siano entrate nelle proprie costruzioni mentali fin dalla tenera età, ed è bello pensare che magari alcune scelte siano state fatte proprio a causa delle sua canzoni.
Il secondo elemento deriva da un viaggio durante il quale mi trovavo sull’autostrada Torino Piacenza. Dalle parti di Alessandria potevo vedere in lontananza le sagome delle Alpi ligure unirsi con quello che è l’inizio della catena Appenninica. Per un veneto che in fondo non si è mai spostato molto fa un po’ strano vedere le montagne a sud. Ma in quel momento l’immagine mi suggeriva la promessa di una terra che si spingeva a meridione verso l’Africa, infilandosi tra due mari, incrociando lingue, paesaggi e città diverse, fino ad arrivare alla punta dello stivale, e poi continuare ancora con la Sicilia.
Bella o brutta che sia è (anche) questa la mia terra. E forse vale ancora la pena impegnarsi per Lei.

domenica 4 maggio 2008

"The Darjeeling Limited” di Wes Anderson


Tre fratelli compiono un surreale viaggio attraverso l’India, in fuga dalla figura onnipresente del padre defunto e alla ricerca della madre eremita. Un viaggio mistico, che deve servire loro anche per risolvere i problemi personali, che hanno lasciato a casa (e dai quali fuggono), e per rinsaldare il legame fraterno. Anderson sembra un po’ imitare i fratelli Coen, i quali forse sarebbero riusciti a rendere meglio, soprattutto nei contenuti, questo buddy-road movie fraterno, surreale e pazzo. Alla fine i personaggi portano con sé l’insegnamento ricevuto; gli spettatori no.Comunque si segnala il film per due motivi: il primo è che è molto divertente; il secondo, è che alla Mostra di Venezia 2007, era introdotto da un corto (Hotel Chevalier) con una splendida Natalie Portman "nature"(i fan di Star Wars sono avvertiti), non più proiettato al cienma ma scaricabile da internet.

“The Darjeeling Limited” di Wes Anderson Stati Uniti – 91’Con Bill Murray, Owen Wilson, Adrien Brody, Jason Schwartzman, Natalie Portman, Anjelica Huston.

lunedì 28 aprile 2008

Viaggio a Grenoble

Di ritorno da Grenoble e di ritorno dalla Francia, pubblico le foto di questo viaggio, fatto in compagnia di Claudio, Enrico e Lucia, ospitati dai "Grenoblesi"Julien e Federica. Della città si vedono il centro, la visuale dall'alto dal punto di vista della teleferica, la Bastiglia, le montagne che la circondano, la statua di Chevalier Bayard, più altre foto di "colore". Chiudono la serie le foto delle Alpi al confine tra Francia e Italia.

martedì 15 aprile 2008

domenica 6 aprile 2008

LA ZONA ....Di Rodrigo Pla'



Messico. Un quartiere extra lusso, che gode di una giurisdizione particolare, tutta nelle mani dei suoi facoltosi abitanti e proprietari, è circondato da un altissimo muro che lo divide dai quartieri degradati e poveri intorno. Un muro che separa chi ha tutto da chi ha niente. Un incidente permette l’ingresso nel quartiere di tre teppistelli; ci scappano i morti e si scatena una feroce caccia all’intruso sopravvissuto da parte dei residenti del quartiere. Inferociti perché il loro paradiso pagato a caro prezzo è stato violato, impauriti dal diverso da ciò che non conoscono, questi uomini decidono di arroccarsi il diritto di farsi giustizia da soli, regredendo sempre di più ad uno stadio selvaggio, come i criminali di cui hanno tanto paura. Ma l’individuo a cui danno la caccia è solo un ragazzino che è altrettanto spaventato, la cui unica colpa è stata quella di essere nato dalla parte sbagliata del muro. E ad aiutarlo troverà solo un suo coetaneo, residente nel quartiere, che sarà l’unico a riuscire a superare i suoi timori e il suo iniziale desiderio di violenza.

Non aspettatevi un happy end. Ma la ribellione finale del ragazzo-bene contro la sua famiglia, contro il quartiere, contro il sistema dà al film quella chance di speranza, che durante tutto il resto dell’opera non riesce, e non può emergere.



Costruito come un film di genere (il paradosso è che vent’anni fa sarebbe stato un film di fantascienza, oggi è un thriller basato su fatti reali), la pellicola riesce però a svincolare dalle regole classiche (vedi il poliziotto, l’unico all’inizio a voler far luce sui fatti, ma poi costretto ad arrendersi al sistema corrotto facendosi egli stesso strumento) e fotografa e denuncia un mondo di ingiustizie sociali e violenze, mostrando come l’animo umano spinto dalla paura possa arrivare fino alle azioni più estreme.

venerdì 14 marzo 2008

LA RAGAZZA DEI CAMPANELLI - parte 2

Seconda parte del racconto...la prima è postata più in giù


Gente rideva gente beveva gente fumava. E campanelli? Niente. La musica sparata alta li avrebbe comunque coperti.
Ah ma sei tu? mi si avvicina una ragazza. Madonna quanto tempo! Ma ti ricordi al liceo? Che robe ragazzi avreste dovuto vederci? Che storie che scherzi che giochi. Ma con chi sei venuto?
Beh … io … c’era una ragazza con i campanelli e io….
Non la conosco poi me la presenterai. Dai bevi anche tu. Un po’ di vino prendi anche questa birra. Andiamo da quelli che hanno un po’ di fumo.
No non era la compagnia quello che cercavo. Ma mi feci trascinare in mezzo al gruppo per vedere se c’era lei. Mica l’avevo mai vista bene in faccia. Per cui dovevo cercarla la in mezzo
Oh siete stati tutti molto gentili ad avermi dato tutto questo alcol e anche il fumo era ottimo ora però dovrete scusarmi perché devo vomitare e a vomitare andrò un po’ più in là magari in un bagno se lo trovo perché se vi vomitassi addosso potreste prenderlo come un atto di scortesia e mi dispiacerebbe dopo questa bella serata.
Mi buttai sulla prima porta vicino a me. Dava su una stanza da letto completamente al buio. Mi avevano detto che li ci stava un piccolo bagno. A tentoni trovai la sua porta. La luce di un lampione che filtrava da una piccola finestra illuminava il water come un oggetto benedetto da Dio. Mi ci gettai sopra e vomitai quel che rimaneva di vodka, birra, scotch, aranciata di marca scadente, gli ultimi due pasti, più una buona dose di succhi gastrici. Non me ne accorsi subito ma in quei brevi secondi in cui trascorse l’espulsione di liquidi dal mio corpo, la luce si accese tutto intorno a me, e due forti braccia mi afferrarono alla pancia e alla testa, affinché non cadessi anch’io nel water insieme al resto. Chissà perché quando si vomita pensi che passerai tutta la vita abbracciato ad una tazza del cesso, tanta è l’impressione che non finisca mai. Ma quello che allora mi dava più fastidio era la coscienza di dipendere dalle due braccia che mi sostenevano: mi sembrava proprio un’umiliazione non da poco. Ma poi, una volta finito, le stesse braccia mi cullarono in un abbraccio affettuoso, forse perché dai miei occhi colavano lacrime e chi mi aveva tenuto pensava che piangessi per tristezza. Seduto a terra sentivo la sua pelle sul mio collo e sulla mia guancia. Niente profumi o bagnoschiuma. La pelle aveva proprio quel buon odore da Pelle! Sentivo il suo mento, liscio e dolce sulla mia fronte, e il suo respiro, sempre su essa. E le sue dita tracciavano piccoli disegni sui miei capelli. E sentivo anche il suo seno, piccolo ma deciso, sotto la maglietta. Da uno specchio potevo vedere la sua schiena . Dalla maglietta bianca spuntavano in rilievo le sue scapole, ed era talmente magra quella schiena che sembravano piccole ali.
Belle ali
Grazie
Per caso sei una fata?
Si, si. Sono una fata. Ora la fata ti porta di là cosi potrai dormire sul letto. Attento però al mio amico elfo: cerca di non svegliarlo. Non voglio che mi veda mentre volo via.
Sai scusa se ho dato di stomaco.
Non ti preoccupare…urina, feci, mestruazioni, vomito: L’uomo non ha ancora metabolizzato il riciclo dei rifiuti, per cui non è colpa tua. Ma ora ti consiglierei di stenderti.
Il cuscino era fresco. L’elfo russava accanto a me. La fata si stava mettendo addosso vestiti abbandonati a terra. Nel momento di tirare su la borsa, suonarono i campanelli. Feci per alzarmi ma una mano mi coprì gli occhi e precipitai nelle soffici tenebre non subito però…non prima di vederla spiccare il volo con i suoi campanelli.

domenica 9 marzo 2008

UN BUON INIZIO...NUMERO 3 e 4

Ecco su suggerimento di Lelena e il Fede il "volo d'angelo" dell'inizio di Million Dollar Hotel. Regia di Wenders, musica degli U2 , sceneggiatura dello stesso Bono. Non aggiungo altro......



Ecco invece la corsa, la partita a calcio e il monologo "sulle scelte della vita" con cui parte Trainspotting, uno dei pochi veri film cult degli anni 90. Ewan mac Gregor è ancora ben lontano dalle vesti di Oby wan Kenoby. Qui è l'eroinomane Rent boy, e "si fa" sulle musica di "Lust for life" di Iggy Pop.

domenica 2 marzo 2008

UN BUON INIZIO...NUMERO 2

Ecco accontentato il Fede che nel post precedente ha colmato una lacuna imperdonabile del mio scritto! L'attore di cui ci sfuggiva il nome sembra essere Jen Micheal Vincent, Gary Busey l'avevamo individuato (poi era il mitico cattivone del primo Arma Letale), mentre William Katt sembra proprio essere ...Ralphsupermaxyeroe!

martedì 26 febbraio 2008

UN BUON INIZIO...NUMERO 1

Con questo post inauguro la mia personale serie dei migliori inizi dei film. Comincio da questo che per le immagini, la musica, e il messaggio che porta, non può che inaugurare bene questa serie. Tenendo conto soprattutto dell'importanza del film nel suo complesso. Preparatevi al profumo del Napalm, e segnalatemi altri inizi indispensabili



Apocalypse now è un film su tutte le guerre, anche se questa è un’osservazione banale. Banale se si considera che la sceneggiatura si basa sul romanzo Cuore di tenebra di Conrad, e quindi trattasi del viaggio fisico di un equipaggio con una barca su un fiume verso la giungla più profonda (alla fine del fiume c’è Kurtz, l’uomo da uccidere, che ha la faccia di Marlon Brando), e parallelamente un viaggio dentro l’animo umano, la violenza intrinseca, la natura selvaggia, il confronto tra civiltà indigena e quella occidentale, i fantasmi di quest’ultima repressi dalla sua cultura, confronto con l’ignoto, l’orrore del proprio io, ecc. ecc.
Guardatevi il film di Coppola in vhs o in dvd. Vanno bene entrambe le versioni, sia quella originale del 1979, sia quella “allungata” nel 2000. Sono belle tutte e due, anche se nella seconda vi sono quaranta minuti di scene aggiunte. La più importante scena ripescata è quella dell’incontro dei protagonisti con un gruppo di coloni francesi per niente intenzionati a lasciare i loro possedimenti duramente coltivati in una terra straniera. C’è da prendere appunti per capire un po’ di cose che succedono anche oggi.
Questo per quanto riguarda il film. Per quello che invece ci sta dietro al film, c’è da raccontare che la produzione fu epica e tormentatissima. Il set era spesso distrutto dagli uragani. Martin Sheen (il protagonista, nella parte di un agente dei servizi segreti militari che deve uccidere il colonnello pazzo Kurtz) fu colpito da infarto durante le riprese (Sheen è padre di tal Charlie Sheen, che a sua volta ha recitato in Platoon di Oliver Stone, altro film-denuncia sul Vietnam, e di Emilio estevez, regista di Bobby).
Alla fotografia c’è Vittorio Storaro. Alla sceneggiatura ha lavorato John Milius, che non fu contento delle modifiche portate da Coppola. Milius è il regista del primo Conan (il merito di averci dato Swarzeneggher è tutto suo), Il Vento e il Leone (con Sean Connery nella parte di un ribelle berbero), Alba Rossa (Cubani e Russi che invadono gli USA!!), e poco altro: sempre affascinato dal tema della guerra e della relativa violenza che si porta appresso, ma mai disgustato dalla stessa, si tira dietro una fama di simpatico anarchico fascistoide. Ma soprattutto da giovane faceva parte di un gruppo di amici-colleghi-rivali, che si proponevano di rifondare l’industria cinematografica, liberandola dal predominio di produttori e delle grandi case di produzione, per restituire il pieno controllo delle loro opere ai registi. I nomi degli altri componenti del gruppo erano Lucas, Coppola, Spielberg, Scorsese.

domenica 17 febbraio 2008

LA RAGAZZA DEI CAMPANELLI - parte 1

(racconto originale già pubblicato su www.lavocetta.it)

La ragazza dei campanelli camminava spedita e leggera per calli e ponti. Dai suoi vestiti troppo lunghi e larghi per il suo esile corpo, e dalla sua borsa verde militare ridotta a brandelli ciondolavano piccolo campanelli colorati. E se lei ti passava abbastanza da vicino potevi sentire il loro suono. Sempre che non ci fosse qualche campanile, o il vociare di comitive di turisti che li coprisse. Ma era di notte che ti accorgevi maggiormente del suo passaggio, quando i veneziani si tengono nascosti dietro ai loro balconi e le pantegane escono dai canali per reclamare finalmente i loro legittimi diritti sulla città. Ecco allora dalla foschia sentivi questo suonare di campanelli che anticipavano il suo discreto passaggio. E fu di notte che finalmente la vidi. Ero affacciato sul balcone a guardare un lampione che si rifletteva indeciso sull’acqua. La mia sigaretta esalava gli ultimi respiri quando finalmente la vidi attraversare il mio campiello. Spedita, sicura e silenziosa, non fosse stato per i campanelli. Non ci pensai due secondi: scesi le scale senza prendere nemmeno il cappotto e mi gettai nel campiello . Mi misi a seguirla. Stava davanti a me. O meglio, la sua ombra e i suoni che si portava dietro erano lì davanti a me.Che poi fosse un’altra persona o solo uno spettro non avrei mai potuto esserne sicuro, perché la nebbia era tutto intorno. E non era una nebbia calata dall’altro. No, era salita dai canali; era l’acqua densa vecchia e torbida dei canali che si era alzata per coprire silenziosamente le case con grigio affetto, e guardare attraverso di essa era come guardare il fondo di Canal Grande. Ma cotanta nebbia non poteva coprire il suono dei campanelli, per cui potei seguirla con felicità almeno fino a quando non girò per un angolo…
Mi ritrovai su un campiello ristretto e silenzioso, non c’erano porte aperte non c’erano voci e soprattutto non c’erano campanelli. Provai ad uscire dalla parte opposta, ma il passaggio si affacciava sulla riva di un vischioso canale. Ritornai indietro e fu così che mi accorsi che un piccolo portoncino faceva da ricettacolo per piccoli gruppi di girovaghi notturni. Provai a suonare al citofono. Chi è? Mi domanda il microfono. Non parlai. Vabbè mi rispose il microfono. La porta mi si aprì con un affaticato suono elettrico. Entrai e mi ritrovai davanti un budello di scale che si alzava per più di un piano senza aprirsi a nessun pianerottolo, finché non finì inghiottita dentro una porta. Entrai nella stanza fui avvolto da un abbraccio di fumo da sigaretta che mi accompagnò lungo il corridoio, e mi fece accomodare. Mi avrebbe gentilmente preso il capotto se solo ne avessi avuto uno...
(segue)

giovedì 7 febbraio 2008

Non solo i bloombilla sono stati in Danimarca...

VIAGGIARE E' PROPRIO UTILE,
FA LAVORARE L'IMMAGINAZIONE.
TUTTO IL RESTO E' DELUSIONE E FATICA.
IL VIAGGIO CHE CI E' DATO E' INTERAMENTE IMMAGINARIO,
ECCO LA SUA FORZA, VA DALLA VITA ALLA MORTE.
CELINE






Ecco a voi la prima parte delle foto da me realizzate in Danimarca, in un fantastico viaggio in compagnia di Daniele, Francesca, Francesco, Monica (questi ultimi due erano quelli che mi facevano dormire dentro un forno...). Potete vedere le strade di Copenaghen, la Sirenetta, Christiana, la Baia...
Presto arriveranno altre foto!

giovedì 31 gennaio 2008

CANDIDATURE AGLI OSCAR ED UN CELEBRE ESCLUSO

Ecco le candidature per gli oscar 2008:

Miglior film
No Country for Old Men, Il petroliere, Michael Clayton, Juno, Espiazione

Miglior regia
Ethan e Joel Coen (No Coutry for Old Men)Paul Thomas Anderson (Il Petroliere)Julian Schnabel (Lo scafandro e la farfalla)Tony Gilroy (Michael Clayton)Jason Reitman (Juno)

Miglior attore protagonista
Daniel Day-Lewis (Il petroliere)George Clooney (Michael Clayton)Viggo Mortensen (La promessa dell'assassino)Johnny Depp (Sweeney Todd)Tommy Lee Jones (Nella valle di Elah)

Miglior attrice protagonista
Julie Christie (Away from Her)Marion Cotillard (La vie en Rose)Ellen Page (Juno)Cate Blanchett (Elizabeth: The Golden Age)Laura Linney (The Savages)

Miglior attore non protagonista
Javier Bardem (No Country for Old Men)Hal Holbrook (Into the Wild)Tom Wilkinson (Michael Clayton)Casey Affleck (L'assassinio di Jesse James...)Philip Seymour Hoffman (La guerra di Charlie Wilson)


Cosa dire? Che il vincitore morale della mostra veneziana, Tim Burton, è stato ignorato nei premi per la regia e per il fim, innanzitutto (compensato dalla presenza di Depp tra i migliori attori per Sweeney Todd, ma forse chi lo ha votato pensava di più al pirata Jack Sprrow). la forte presenza di Micheal Clayton è una strizzata d'occhio alla Hollywood liberal e impegnata, peccato che il film sia alquanto deludente. Espiazione è invece il classico tributo pagato al cinema melodramma nascosto da film d'autore, ma devo dire che alla mostra di Venezia non mi era dispiaciuto.
La Blanchett è presente in entrambe le categorie delle migliori attrici, ma personalmente le darei il premio per la parte non protagonista di I'm not there, (tradotto comicamente in italiano Io sono qui; a proposito qualcuno l'ha visto in Italia?), in cui interpretava Bob Dylan in una fase (o aspetto?)della sua vita, piuttosto che nell'elefantico Elizabeth : the golden age. Per quanto riguarda il miglio attore protagonista spero sinceramente in Tommy Lee Jones e nella sua toccante interpretazione in In the valley of Elah.
Ma abbiamo detto che manca Tim Burton e il suo Swenney Todd nelle due categorie più importanti. Bè non avendolo visto non posso giudicare se è stato giusto escluderlo. ma intanto vi propongo il trailer del film tanto per farsi un'idea

domenica 27 gennaio 2008

IL BIANCO E IL NERO di C. Comencini

Lui conosce la moglie del collega di lei, e nasce una relazione extraconiugale. I due si amano, si lasciano e lasciano i loro coniugi, poi si riamano, e poi ritornano all'ovile, e poi...
Niente di nuovo sotto il cielo, se non che qui ci troviamo infilati tutti insieme un amore "interrazziale", il volontariato pro africa, lo scontro/incontro tra culture, e, soprattutto, il razzismo sopito anche negli uomini di sinistra. Possiamo ridere anche delle nostre ipocrisie, qualche volta...


sabato 26 gennaio 2008

AMERICAN GANGSTER

Finalmente Ridley Scott torna a realizzare un grande film. Non grande per il budget, al quale ci ha da tempo abituato, ma grande nel tracciare una pagina di cinema, con un romanzo fatto di immagini. Lo fa con American Gangster, un film dall’epica poliziesca con qualche debito nei confronti di DePalma, Coppola e Scorsese. Ma Scott è un regista che sa prendere le grammatiche dei generi cinematografici riuscendo a fare qualcosa di personale. Lo ha fatto con la fantascienza, con i successi di Alien e Blade Runner, e con numerosi altri filoni, sia nel fare i prodotti più prettamente commerciali (Il Gladiatore), che nei tentativi più avventurosi e meno riusciti (Kingdom of Heaven). Ma qui il risultato è pieno, grazie anche alla presenza di due protagonisti che riescono a tenere agilmente in piedi un film lungo tre ore. Russel Crowe (qui un po’ Al Pacino) e Denzel Washinghton (qui un po’ Robert De Niro) incarnano i loro personaggi con convinzione interpretativa che ben si associa alla convinzione etica con cui i due personaggi vivono le loro vite: il primo è un poliziotto la cui onestà gli aliena contro i colleghi e la famiglia, rendendolo simile ad un escluso della società; il secondo è un criminale del bronx legato ad una sua particolare idea di ordine sociale e all’amore per la famiglia e la moglie. I due per tutto il film non si incontrano mai se non negli ultimi dieci minuti. Anzi, per la maggior parte nemmeno i loro destini si incontrano, ignorando l’uno l’esistenza dell’altro. Finché il montaggio alternato non li porta pian piano prima a sfiorarsi, poi ad entrare nella competizione tipica tra chi è guardia e chi è ladro. Fino all’epica scena dell’arresto. E poi viene il tentativo di corruzione del mefistofelico Washinghton nei confronti dell’onesto Crowe: “Se si bloccasse definitivamente il traffico di droga centinaia di migliaia di persone sarebbero disoccupate, tra spacciatori, poliziotti, avvocati, giudici e politici”. Ma la guardia non cede, e sarà lui a corrompere il ladro: lo convince ad aiutarlo nel fare fuori le mele marce dalla polizia. La giustizia ingiusta paga, ma pagherà anche l’ex mafioso: non con la galera, che verrà comunque in gran parte condonata, ma con la solitudine con cui si ritroverà uscendo da essa; solo come l’uomo che l’ha arrestato.

lunedì 14 gennaio 2008


COUS COUS (LA GRAINE ET LE MULET)... DI ABDELLATIF KECHICE

Ecco il film che probabilmente avrebbe dovuto vincere all’ultima Mostra del Cinema a Venezia.
Un film povero sicuramente nel budget, con una ripresa volutamente “scarna” quasi da documentario (una volta si sarebbe detto neorealista) che racconta il desiderio di un riscatto sociale per un francese di etnia maghrebina, e per le sue due famiglie: quella della prima moglie, piena di figli generi nuore e nipoti; e quella della nuova compagna, arricchita solo dalla presenza della figlia di lei. Il protagonista, un uomo di mezz’età, senza più stimoli, rassegnato ad una vita grigia, ma sostenuto dall’entusiasmo della figliastra, cercherà di rifarsi una vita aprendo un locale la cui specialità è il cous cous cucinato dalla sua prima moglie. La solidarietà familiare interna si demolisce e si ricompone a più riprese, fino a rischiare il disastro finale, ma sarà ancora la figliastra a salvare la situazione, lanciandosi in una danza del ventre che stregherà gli ospiti del locale e salverà così l’attività familiare (ma forse non la vita del padre). Film che raccontano realtà sociale di periferia e di immigrazione senza cadere negli stereotipi non si vedono molto spesso. Questa pellicola invece riesce nel suo intento “sociologico”, suggerendoci anche che forse nelle donne sta la salvezza delle banlieue francesi, dal momento che sono più dinamiche e responsabili dei loro compagni.
E poi spezza una lancia nei confronti della famiglia di fatto rispetto alla famiglia tradizionale. Il nucleo composta dal protagonista, dalla compagna, e dalla figlia di questa, risulta essere più solidale, sincera, diretta, addirittura più “funzionale”, rispetto alla famiglia tradizionale della prima moglie.

Nicola Da Lio

“COUS COUS (La Graine et le mulet)” di Abdellatif Kechiche
Con Habib Boufares, Marzouk Bouraouïa, Faridah Benkhetache, Sabrina Quazani, Alice Houri, Olivier Loustau, Bruno Lochet, Carole Franck
Francia – 151’



venerdì 11 gennaio 2008

L'ALLUNAGGIO IN CASA DEL TURNISTA SIGNOR T


Fotografia dellaTerra fatta dalla Luna (provenienza:NASA) pubblicata sul numero di gennanio 2007 de L'Avocetta nell'articolo L'Eclissi del 2006 di Piergiorgio Marchiori


Il campanello di casa del turnista signor T suonò gracchiante alle 20 e 30 circa. La cosa lo distolse dal morbido torpore in cui era sprofondato, complice la poltrona e la distratta lettura della Gazzetta. E gli fece ricordare principalmente due cose.
La prima era che quella sera l’Uomo avrebbe conquistato la Luna, dal momento che degli americani a bordo di un missile stavano per compiere il primo allunaggio della storia dell’Umanità.
La seconda era che a fargli visita, e tenere compagnia al signor T e a tutta la sua famiglia, sarebbe venuto il compagno di lavoro signor G, accompagnato dalla sua di famiglia.
Erano due eventi decisamente importanti per la quotidianità del signor T.
Oltretutto due eventi che avrebbero coinciso temporalmente, visto che il signor T. possedeva un televisore, e che quindi avrebbero assistito tutti insieme all’evento spaziale.
Bisogna ricordare inoltre che al Signor G era negata la fortuna di possedere un televisore; ma per lo meno aveva una Bianchina con cui spesso aveva portato in giro l’amico e collega Signor T.
Ora il padrone di casa aveva finalmente l’occasione di sdebitarsi.
Richiamata così all’ordine alla meno peggio il suo nucleo familiare, il signor T si apprestava ad accogliere in casa gli ospiti….
Aperta la porta si mise ad osservare il giovanotto che gli stava sulla soglia e che era posto in avanguardia della famiglia G. “Capellone” pensò tra sé e sé. Effettivamente la crine del ragazzo non lasciava spazio ad altre interpretazioni. Lunghi boccoli biondo-castani si aprivano sul capo e si appoggiavano poi quieti sulle spalle, pronti comunque a scattare allo squillare di una qualche tromba rivoluzionaria o di quella più probabile della carica della polizia. Ad essi si aggiungeva lo sguardo con due occhi socchiusi, sempre fermi ad osservare qualcosa di sospeso in mezzo all’aria che stava sempre aldilà delle spalle dell’interlocutore, probabilmente una nuova era di paceefratellanzachestavalìlìpergiunge…
…ma lo sguardo del ragazzo fu all’improvviso ricondotto, dalle orbite extra plutoniane, direttamente a terra, da un elemento di disturbo, che però, subito dopo aver superato l’attimo di smarrimento, lo riportò nella volta astrale quando rivelò chiaramente la sua natura.
Era successo, praticamente, che la testa della figlia del signor T era sorta dall’orizzonte della grande spalla del padre, uscendo dal suo cono d’ombra. La fine dell’eclissi facciale rivelò una superficie lunare propriamente detta, sia per quanto riguardava il colorito pallido argenteo, che per i rilievi geologici, in quanto l’acne adolescenziale aveva provveduto a riprodurre fedelmente crateri meteoritici che circondavano mari della tranquillità. Proprio in mezzo a questi rilievi, si aprivano due occhi stupendi e grandi, messi sotto gli archi neri di due belle sopraciglia….. e celesti, ma di un celeste tale, che nemmeno le fughe di gas al petrolchimico non sarebbero mai state in grado di eguagliare.
La ragazza gli sorrise mostrando la transiberiana di lucido metallo che le attraversava le fila di denti, messa lì a raddrizzare le idee a qualche incisivo, che, un po’ come i capelli del ragazzo, aveva forse una tendenza ribelle di troppo: ma fu solo un attimo, perché, ricordatesi della protesi odontoiatrica che le sfigurava la bellezza, la ragazza ebbe un sussulto: si portò una mano sulla bocca e piegò la testa in segno di vergogna.
Il ragazzo, sradicato dall’estasi dal gesto di chiusa timidezza di lei, si risvegliò scoprendosi puntato a vista dagli occhi incandescenti del signor T, che accortosi dello scambio di occhiate adolescenziali non attese di proferire un “ragazzo, tutto bene?”.
Anche il signor G. capì cosa stava succedendo, e rapido diede una piccola spinta al figlio per distoglierlo dal torpore.
I due capi famiglia, una volta liberatisi dell’impaccio dei due figli adolescenti (i quali si erano scambiati un timido e insicuro Ciao), lanciarono l’una contro l’altra le mani callose e dure, e stringendosi in un aggancio trasmisero tra di loro tutta la forza di una amicizia virile, sentita, operaia, duratura, veneziana. Ed insieme ad essa tutte le esperienze di quelle mani, tutti i chiodi impiantati, tutti i martelli impugnati, tutte le sbarre piegate, tutte le ustioni sofferte, tutti i porchi e tutte le preghiere insieme lanciate al Padre Eterno, tutto scritto nero su bianco da cicatrici e calli.
-Nane, come và?-
-mi tiro vanti. Te sa, coi turni no xe facile…e ti?-
-che te vol, se tira sempre vanti anche dae nostre parti-
Le mogli se ne stavano un po’ indietro e in disparte accennando il loro sorriso più dolce e materno, salutarono figli e mariti altrui e quando alla fine poterono dedicarsi a loro stesse, portarono le loro voci a frequenze studiate a dovere per abbracciarsi in un acuto tutto casalingo.
Ma che ben ma che ben che te vedo si ma go ancora i genoci che fa mal va ben passerà quando te ga fatto l’ultima visita e sta maglia? Fratta ti? Che brava che brava…come? Si si go perso do tre chili… ma se te savessi… no dormo a notte neanca co so stanca
Quando ormai i saluti sembravano portati al termine ecco che all’improvviso apparve Zorro. O, più prosaicamente, un piccolo Zorro biondo, il novenne secondogenito del signor T, reticente nel non accettare che il carnevale fosse finito da alcuni mesi.
Naturalmente non poté scappare dalla morsa femminile.
Ma che grande che sei diventato e che bello che sei Come cresse sti fioi no te fa ne’anca in tempo ad accorgetene
Si sedettero intorno alla tavola. Il signore G si posizionò di fronte allo schermo scuro della televisione, meravigliato e invidioso. Lui possedeva la macchina. L’aveva comprata usata con tanti sacrifici,e con quella si facevano le gite ad Eraclea, o in montagna dalle parti di Pedavena. Ma Il signor T aveva la televisione. Un oggetto sacro, un cubo nero e bombato che si stagliava al centro del piccolo soggiorno appoggiato alla parete, incastrato tra la credenza e la macchina da cucire Simac. Sopra di esso come in un luogo sacro erano poste le foto di nonno Alvise e zia Pinetta.
Il signor T si alzò per accenderlo facendo girare le manopole. Lo schermo cominciò a crepitare come una carbonella elettronica. Le immagini cominciarono a focalizzarsi in un bianco e nero stentato. Forme distorte piano piano presero la forma di giornalisti seduti intorno tavolo.
- Ma la Luna ma la Luna…dov’è la Luna?- gridava il piccolo Zorro
- Sta bon sennò te mando in letto-
- ecco ecco ‘desso ea fa vedar-
Immagini satellitari sbiadite di una landa desolata.
- Però sti americani, varda ti dove xe rivai-
- …si ma i russi xe più vanti. Già i pensa de andar su…come se ciama Marte? Giove?-
- Marte Marte- gridava il piccolo Zorro- quarto pianeta del sistema solare. Li ci sono canali e allora c’è l’acqua. Sulla luna invece no perché sennò vola via-
Ma che bravo ma che bravo sto fio sa proprio tutto ma dove te l’hanno spiegato a scuola? che bravo che bravo ma impara proprio tutto. Me fio invesse no se applica ga sempre a testa par aria. Te capisso anche me fia xe cossì. Ma i fioi de incuo se fati in sta maniera parchè non ga patio queo che gavemo patio noialtri a quea età.
La ragazza e il ragazzo finsero di non ascoltare grazie al loro dono di aver la testa sempre l’aria.
Non partecipavano molto alle discussioni intorno alla tavola. Non partecipavano a nulla proprio. O forse partecipavano solo a loro stessi. Si prolungarono in un silenzio che ad occhi poco esperti sarebbero sembrato eterno. Ma gli ormoni e i sentimenti a volte possono superare anche le cortine di ferro, e senza incrociare incautamente gli occhi i due cominciarono a scambiarsi qualche banale battuta ma questo ve lo assicuro, con promettenti prospettive alchemiche. E nascondendo le pupille dietro gli occhiali per quanto riguarda lui, e la protesi odontoiatrica dietro la mano tremante per quanto riguarda lei, i due poterono costruire una discussione tutta loro senza perdersi nelle disquisizioni lavorative dei padri o in quelle domestiche delle madri, o in quelle astronomiche del piccolo Zorro. E così lei vedeva già le poesie alle stelle, e lui sentiva già i racconti agli amici.
Incuranti dei congiunti innamorati, i signori G e T sprofondavano sempre di più nel loro argomento di discussione preferito: il lavoro.
- Si xe dura coi turni. Però me so abituà..e poi te savessi, quando go el turno de notte e stacco ae sette andando fora dal cantiere me vedo ogni volta sta marea de operai che va a lavorar. Migliaia e miglia de persone … in bici, che sende daea filovia… e anca quei che no ga un scheo ne’anca par a filovia, e aeora se fa a strada tutta a pie fin da casa. Te Vedessi quanta gente. Non te rendi conto se te tacchi a lavorar. Ma se ti si drio andar via mentre staltri riva…te domandi: ma da dove riva tutta sta gente? Eppur vien fora da Chirignago, Campalto, Favaro da Malcontenta e po’ ghe xe quei da Ciosa (che se fa un bel toco in filovia) e quei da Mira. Ma ghe ne xe ancora alcuni da Venessia che no ga ancora accettà de ciapar a casa dea ditta qua in terraferma come go fatto mi (maledetta quea volta). E te dirò de più: se te me domandi chi xe sta gente te so dirte non soltanto i nomi e i cognomi, ma anche azienda, cantiere, reparto e mansion de lavoro!
Il signor T non se ne era accorto ma mentre parlava non guardava più in faccia il caro amico signor G. No: guardava il muro bianco di fronte a lui. E sul quel muro bianco andava a proiettarsi l’immagine di quel formicaio umano che i suoi occhi avevano ripreso al termine di ogni turno di notte da ormai 15 anni. Barbe capelli visi magri visi tondi, margherotti e terroni immigrati. Tutti insieme.
Il signor G non era preso da quella scena proiettata sul muro. Ogni tanto buttava l’occhio semmai sul televisore. Scuoteva la testa a mò di assenso, mentre bevevo quel buon fragolino. Finchè non decise di tirar fuori quella frase.
- Ma te ga sentio de Piero S?…-
il signor T. interruppe di colpo la sua proiezione e guardò l’amico in faccia; prese il fragolino e si riempì il bicchiere nervosamente.
- si, si , brutta storia, brutta-.
- I dixe che xe perché a lavoro scopava sempre quea polvere;- il signor G si avvicinò a T in modo che mogli e figli non sentissero- scopa incuo scopa doman..-
Scopa oggi, scopa domani, al Signor Piero quella polvere entrò nei polmoni, e i colpi di tosse non bastarono per mandarla via.
- ma mi me domando…noialtri…-
T sbottò di fronte all’amico – noialtri, noialtri cossa vusto che chiudemo tutto quanto. Te vol star casa? Quante volte gavemo battuo a testa per aver più sicuressa. E tutte e volte a gavemo ottenua. Ma dopo? Dopo dove te rivi? E poi te sa na cosa? Meglio morir de veleni che morir de fame-
- Si si xe vero, ma te sa, ghe xe dee volte che quando me alzo da letto el me sudor…--
Il signor G si interruppe perché il suo sguardo aveva appena incrociato per caso quello della moglie, che in quel preciso istante aveva abbandonato il continuo e monotono suono di scambio di battute con l’amica (la quale era rimasta abbastanza imbarazzata da questa interruzione), per trasfigurarsi in una figura mistica matriarcale, la cui altezza superava di almeno un metro la statura media dei commensali (Piccolo Zorro escluso): il suo sguardo, la cui visione diretta non poteva essere sostenuta da essere mortale, stava fulminando il corpo del marito, reo di aver aperto una porta della stanza dei Tabù. Non doveva aprire quella porta. Forse non doveva aprirla in quel preciso momento nel salotto dei loro amici. Forse c’era un patto implicito di tenere quella porta sempre sigillata. Fatto sta che i due uomini si zittirono e non continuarono più quel discorso per tutta la serata. La signora G. ritornò alle sue spoglie terrene, e con un chiaro sorriso rivolse di nuovo gli occhi all’amica e riprese il discorso da dove lo avevano lasciato pochi istanti prima.
Nel frattempo il piccolo Zorro cominciò a cedere a quella particolare forma di stanchezza che (ma solo nei bambini) riesce ad arrivare esattamente dopo una fase di grossa eccitazione. Quando gli occhi cominciarono ad essere incredibilmente secchi, e le mani non riuscivano a strofinarli abbastanza da metterli apposto, cominciò ad abdicare all’idea che la compagnia della gente attorno a lui, sorella compresa, si rivelava al quanto monotona e noiosa, e che pure la trasmissione in televisione era alquanto tediosa, per cui tanto valeva la pena abbandonare la situazione, e immaginarsi una realtà migliore, dal momento che Morfeo era per giunta arrivato giusto in tempo per dare una mano. Ecco allora che si vide avvicinarsi al gran complesso industriale di Porto Marghera, insieme ad una miriade di persone che come lui (chi in bici, chi a piedi , chi in filovia) si apprestava a prendere i missili lì pronti a partire per lo spazio. Si perché le grandi ciminiere, altro non erano (come lui aveva sempre sostenuto ma tutti avevano sempre negato) che astronavi, e i loro scarichi, (magari si, velenosi, ma chi se ne frega!) i residui della combustione del carburante utilizzato dai motori. Perché in fondo anche le auto fanno fumo! Preso il primo missile pronto alla partenza (e salutati sarcasticamente con la manina la sorella e il suo nuovo amico che come beoni si erano attardati per strada per chissà quale motivo) incominciò il suo viaggio siderale. La luna fu sorpassata rapidamente: la vera destinazione era Marte! Giunto finalmente lì trovò gli americani che con grande solennità impiantavano la gloriosa bandiera a stelle strisce sul suolo marziano; ma erano tutti un po’ scornati: i russi erano arrivati prima!
Ma ormai questa era una polemica che sarebbe presto stata abbandonata: la flebile alternanza tra sogno e fantasia del piccolo novenne aveva ormai ceduto di fronte alla nebbia scura e calda del sonno, che coprì tutto l’orizzonte marziano e avvolse e cullò il bambino in un definitivo letargo.
Incurante della scena di fronte ad essa, la televisione proseguiva imperterrita nella sua trasmissione.
A seguirla c’era rimasto solo il signor G, indeciso tra guardare affascinato non tanto il programma quanto il suo contenitore, e il pensiero della tentazione corrosiva di licenziarsi e abbandonare per sempre il rischio di ammalarsi.
Alla fine decise un compromesso tra le due opzioni: la sua scelta sarebbe stata quella di continuare a lavorare al petrolchimico fintanto che non avrebbe avuto soldi a sufficienza per comprarsi un televisore.
Ad un’osservazione superficiale ad alcuni sarebbe sembrato che anche il signor T stesse seguendo la trasmissione, ma in realtà continuava a proiettare davanti a sé l’immagine della Classe operaia che marciava verso la gloria.
Ad un certo punto però la televisione volle riprendersi la sua rivincita. L’attenzione dei presenti fu infatti richiamata dall’annuncio di Tito Stagno che l’allunaggio era stato compiuto.
Gioia, risate, vari Finalmente gridati sospirati, vino versato, bicchieri incrociati, brindisi alla Luna, mani che si toccano sotto la tavola, pensieri abbandonati, battute oscene (zitto che il bambino sente), rigurgiti sopiti.
Ma il giornalista aveva semplicemente sbagliato una traduzione dall’inglese di una frase, e la Luna non era ancora stata raggiunta…